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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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Politiche marittime

Governo accorpa e taglia lo sviluppo dei porti

Il ministero dei Trasporti mette insieme le uniche due direzioni rimaste. Nel 2013 tagli del 30% ai programmi di sviluppo. L'ira di Federagenti


di Paolo Bosso 

Si assottiglia sempre più la direzione marittima del ministero dei Trasporti (MIT). Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (8 maggio 2014) vengono accorpate le uniche due direzioni "marittime" del MIT rimaste, la direzione Porti e la direzione Acque (per esteso: Direzione Generale per il Trasporto Marittimo e per Vie d'Acqua Interne). Un'operazione «nell'ambito di una presunta spending review» come l'ha apostrofata il presidente Federagenti Michele Pappalardo, sorpreso e incavolato per questa nuova iniziativa del governo (che in realtà in Gazzetta mantiene la firma del vecchio presidente Letta). «Nonostante le rassicurazioni di questi mesi – continua Pappalardo – è stato pubblicato un provvedimento che unisce le ultime due direzioni del "fu" ministero della Marina Mercantile, nonostante che tutto il cluster, a suo tempo, si sia pronunciato sul mantenimento della direzione porti, anzi sul potenziamento delle strutture». Quello che temono gli operatori è che con l'ennesimo accorpamento in nome della revisione dei conti i porti italiani possano sparire non solo a livello nazionale, ma soprattutto internazionale.
 
Il MIT taglia i programmi per i porti
L'anno scorso gli stanziamenti del MIT nella direzione dei porti sono stati in parte tagliati. Nel bilancio di previsione 2013 il programma Sviluppo e sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo e per vie d'acqua interne è passato da un miliardo a 763 milioni di euro, un taglio vicino al 30%. Il programma Sicurezza e controllo nei mari, nei porti e sulle coste ha invece ricevuto 5,3 milioni in più, con uno stanziamento pari a 727,8 milioni.
 
Il rischio: sparire dalla politica europea 
La preoccupazione principale degli operatori del settore non è tanto la manifesta assenza di una politica nazionale della logistica e dei trasporti (a cui ormai sono abituati), quanto l'assenza di prospettive nei programmi politici internazionali. Ne è convinto Pappalardo, che porta l'esempio dell'ultima conferenza strategica sulla politica europea dei trasporti marittimi, tenutasi a fine maggio dai ministri dei trasporti degli Stati membri (quella nella quale è stata adottata la Dichiarazione di Atene). Nel corso della riunione sono state stabilite le priorità politiche a sostegno del trasporto marittimo europeo da qui al 2020. Tutti i paesi comunitari, denuncia Pappalardo, erano rappresentati da un ministro o da un suo vice. «Unica eccezione l'Italia, che ha partecipato con un capo dipartimento, sulla cui professionalità non esistono dubbi, ma che non è certo in grado di intervenire su scelte politiche di settore. E l'Italia – conclude Pappalardo – è un paese di navigatori».