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22 novembre 2024, Aggiornato alle 15,09
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Infrastrutture

Viaggio a Napoli Est

Reportage del Corriere del Mezzogiorno . Un mondo sospeso dove i progetti di riqualificazione naufragano prima ancora di iniziare. Tutto è congelato in un'atmosfera dove anche il degrado è degradato


Articolo uscito l'8 febbraio sul Corriere del Mezzogiorno 
 
di Marco Molino  
 
Due imponenti colonne e un frontone incorniciano l'ingresso verso il mare. La forza del Mediterraneo è racchiusa in queste pietre cotte dal sole, stagliate in un cielo tanto azzurro da far male agli occhi. E lì davanti a noi, in fondo al molo, scorgiamo le navi attraccate: l'odore di alghe e di mondi lontani incoraggia a proseguire. Attraversiamo felici lo storico varco e… bam! Una capocciata nel muro ci riporta alla realtà. Il sontuoso "varco" non è altro che il pretenzioso ingresso di un palazzetto da tempo abbandonato in via Ponte dei Granili, che nega l'orizzonte con una barriera di tufo corroso. Il mare è a due passi, ma non si vede. Abbiamo corso un po' troppo con la fantasia: si tratta solo di un vecchio rudere senza storia ne futuro, che tutt'al più possiamo interpretare come metafora dell'incomunicabilità tra il porto e i quartieri dell'area orientale, tra questi ultimi e il resto della città. I propositi di riscatto per decenni si sono scontrati contro un muro così, tra due colonne dimenticate. Ora il grande progetto di riqualificazione dello scalo partenopeo, finanziato con fondi europei e regionali, e le proposte dei privati per la rinascita degli agglomerati urbani ad Est, lasciano intravedere qualche barlume di speranza. La vera impresa, però, sarà quella di riportare in questi luoghi la vita.
È lei infatti la grande assente in molte zone di Poggioreale, Barra, San Giovanni a Teduccio e Ponticelli: quattro quartieri che mettono insieme un totale di 450mila abitanti, ma che presentano vaste aree ancora disabitate. Sostituire con cemento e asfalto le grandi paludi e i canneti che dominavano il panorama fino ai primi del Novecento, evidentemente non è bastato a creare da queste parti le condizioni per la nascita di nuove comunità. A riempire il vuoto rimane lo squallore delle opere incompiute o inutili, la tristezza di qualche industria fallita e arrugginita. Su diciotto di questi siti dismessi convergono i progetti di riqualificazione proposti da un consorzio d'imprese, NapolEST. Nella cartolina dei buoni propositi non figura però l'ex macello comunale di Poggioreale, chiuso da anni. I tetti crollano uno alla volta, il legno degli infissi marcisce. In piazza Arabia, di fronte al cancello che spesso prende fuoco insieme ai rifiuti perennemente accumulati, si sente fischiare il vento. La città è lontana come un miraggio. Due cani randagi si azzannano, contendendosi i resti di un sacchetto sfondato. Nel cortile della struttura scorre solitario un ruscelletto: secondo lo scrittore Bruno Brillante potrebbe trattarsi del segmento superstite di una rete di corsi d'acqua (oggi completamente interrati) riconducibili al mitico Sebeto, il fiume che in epoche remote serpeggiava tra le vie del capoluogo partenopeo. 
Descrivere il degrado? Meglio rammentare il disagio che ci spinge a scappare via, in cerca della civiltà. Che comunque stentiamo a trovare anche nei pressi del Centro Direzionale, dove i capannoni sventrati di una vecchia fabbrica tracciano il confine per i grattacieli verso est. Ma qui almeno c'è l'attesa di un riscatto: un progetto da 300 milioni di euro prevede entro il 2015 l'abbattimento delle mura fatiscenti e la costruzione di nuove abitazioni, un parco urbano e impianti per il tempo libero. Nelle immagini elaborate al computer si vedono passeggiare tra gli alberi mamme con bambini, giovani coppie mano nella mano. Una "joie de vivre" ancora virtuale che troverebbe le suggestioni più adatte guardando al mare e al quel porto che vuole aprirsi alla città ma che rimane un corpo estraneo. 
Il nuovo, anche in questo luogo, potrebbe favorire un diverso rapporto con la cittadinanza, coinvolta sul piano economico – con l'annunciato mega-terminal container del Levante – e su quello civico, grazie al progetto del porto turistico di Vigliena a San Giovanni a Teduccio, che prevede saloni espositivi e uffici, negozi specializzati, banche e Yachting Club. "Sulla carta – spiega Maurizio Maddaloni, presidente della Camera di Commercio di Napoli - le potenzialità le conosciamo tutti. L'area orientale può rappresentare il futuro della nostra città, trasformandosi in un vero e proprio attrattore di investimenti, anche stranieri". Chissà, magari attraverso le crepe nel rudere di via Ponte dei Granili comincia a filtrare davvero un po' di luce.
 
Le foto di Marco Molino