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18 aprile 2025, Aggiornato alle 12,17
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Verso la riforma portuale, in un Ddl i 16 articoli

Senza autonomia finanziaria e con poca attenzione alle infrastrutture. Un dettagliato resoconto della contestata bozza di riforma approvata il 16 aprile. Matteoli: "Pesa il nuovo assetto geo-economico del settore"


Dopo il nuovo disegno di legge, approvato il 16 aprile dal Consiglio dei Ministri, la riforma dell'ordinamento dei porti appare ancora incompleta. Non sono mancati dubbi e critiche dal mondo dello shipping. Da Genova, il sindaco e presidente Anci (Comuni d'Italia) Marta Vincenzi fa sapere di essere "che più arrabbiata non si può", Assoporti, col presidente Francesco Nerli, parla di una "controriforma". Ancora dalla Liguria i presidenti dei porti di Savona, Genova e La Spezia hanno espresso un giudizio severo. Tutti compatti nel criticare il mancato avvio della autonomia finanziaria per le Autorità portuali. L'unico comparto ad essere soddisfatto sembra la nautica.
Come si legge nella relazione illustrativa sul disegno di legge il regime amministrativo dei porti marittimi italiani può dividersi in due fasi. La prima va dal dopoguerra al 28 gennaio 1994, data di entrata in vigore della prima legge di riforma, la seconda dal '94 ad oggi. Nella prima fase il riordinamento dei porti italiani faceva fronte a realtà "estranee al contesto urbano di rifermento" si legge nella relazione. Da qui "l'esigenza di regolamentazione fu dunque quella di fornire specifiche tutele ai lavoratori". Nella seconda fase si è invece posta l'attenzione "sull'esigenza di armonizzare la disciplina della governance con riferimento ad una realtà nella quale si registrava un deficit complessivo di oltre mille miliardi di lire e in cui i lavoratori addetti erano oltre 20mila". Con quest'ultimo disegno di legge si inaugura una terza fase "nella consapevolezza – si legge nella relazione - che i porti sono infrastrutture strategiche per l'Italia". Ora gli scali della penisola vengono considerati "porte d'ingresso all'Europa, così come gli aeroporti", per cui solo le infrastrutture e le reti viarie  "potranno conseguire nuove opportunità di ricchezza per l'Italia". Eppure è proprio quest'ultima impostazione che, secondo Assoporti, manca al nuovo disegno di legge. «E' sparito l'obbligo dello Stato di realizzare le grandi opere infrastrutturali presenti nella tanto vituperata legge 84-94» afferma Nerli.
Per il ministro dei Trasporti Altero Matteoli l'ultimo disegno di legge si fonda su cinque pilastri. Nel primo vi è «una chiara definizione – spiega Matteoli - del ruolo e delle finalità delle Autorità Portuali e del processo che porta alla loro governance, nel rispetto delle prerogative regionali e la previsione di funzioni tipicamente manageriali dei loro presidenti». Nel secondo punto «una grande attenzione al rapporto tra porto e territorio, tra porto e reti di accesso e quindi alle problematiche legate all'ultimo miglio»; al terzo «altrettanta attenzione alle demanializzazioni, al potenziale utilizzo di aree dismesse per usi produttivi nonché a norme per facilitare il dragaggio dei fondali». Il quarto pilastro stabilizza «il lavoro portuale» e il quinto fa «un riferimento certo, attraverso il Fondo per le Infrastrutture già in vigore, per il rilancio degli investimenti nel settore». A chi lo critica Matteoli ha risposto che «l'iniziativa legislativa del governo tesa a modificare l'ordinamento portuale ha dovuto metabolizzare il nuovo assetto del teatro geo-economico che caratterizza l'intero settore».
Ma leggiamo i 16 articoli di questo disegno di legge sintetizzati nella relazione illustrativa del Consiglio dei Ministri:
Articolo 1: riscrive l'art. 1 della legge 84/94, (intitolato "Finalità della legge"). Ridetermina la ripartizione dei compiti e delle funzioni tra Autorità Portuale, Autorità marittima ed eventuale Autorità Portuale regionale che potrà essere istituita dalle singole Regioni. La norma estende le funzioni di polizia giudiziaria in capo al Corpo delle Capitanerie di porto nei riguardi dei reati comuni commessi in ambito portuale.
Articolo 2: riscrive l'art. 4 (Classificazione dei porti). La norma si allinea con le direttive costituzionali (al titolo V) nella quale la materia legislativa portuale passa da una competenza esclusivamente statale ad una Stato-Regioni. I porti sono suddivisi in porti a gestione "statale" – di rilevanza economica nazionale e internazionale e finalizzati alla difesa militare – e porti di competenza regionale, con finalità regionale e interregionale. L'Autorità Portuale gestirà il primo tipo di scalo, le Regioni il secondo.
Articolo 3: riscrive l'art. 5 (Piano regolatore portuale e relativa attuazione). Snellisce i tempi per i piani regolatori.
Articolo 4: introduce l'art. 5 bis (Disposizioni in materia di dragaggio) snellendo l'iter procedurale per le operazioni di escavo
Articolo 5: introduce l'art. 5 ter (Disposizioni sul recupero di aree per lo sviluppo della nautica da diporto e sulla riconversione e riqualificazione delle aree portuali), La concessione demaniale sarà più facile. Nel caso in cui il piano regolatore preveda aree ad uso generale, l'Autorità Portuale potrà rilasciare concessioni,
Articolo 6: riscrive l'art. 6 (Autorità Portuale). Concessa l'istituzione di ulteriori Autorità portuali nel caso in cui il porto raggiunga almeno uno dei seguenti volumi di traffico nell'ultimo quinquennio: tre milioni di tonnellate di merci solide, venti milioni di tonnellate di rinfuse liquide, 300mila teu, un milione di passeggeri con esclusione del traffico marittimo locale.
Articolo 7: riscrive l'art. 8 (Presidente dell'Autorità Portuale). Prevede, in generale, un rafforzamento dei poteri attribuiti al presidente. Ridisciplinato con un meccanismo più snello il sistema di nomina che verrà dal presidente della Giunta regionale che propone, in concordanza con i comuni, le provincie e le camere di commercio, al ministero delle Infrastrutture e Trasporti il nominativo prescelto. In particolare, in caso di doppia mancata intesa, è previsto un potere di nomina devoluto al presidente del Consiglio dei Ministri.
Articolo 8: sostituisce il terzo comma dell'art.9 disciplinando la competenza del Comitato Portuale e prevedendo una rimodulazione delle competenze di quest'ultimo. 
Articolo 9: riscrive l'art. 11 (Collegio dei revisori dei conti). Modifiche dei requisiti richiesti per i soggetti componenti il collegio.
Articolo 10: introduce l'art. 11 (Sistemi logistici portuali). La norma prevede che le Autorità portuali, d'intesa con le regioni, possono costituire sistemi logistico-portuali ad un medesimo bacino geografico o al servizio di un corridoio trans-europeo.
Articolo 11: riscrive l'art. 12 (Vigilanza sull'Autorità Portuale). Il bilancio di previsione dovrà essere sottoposto all'approvazione del Ministero delle Infrastrutture e dell'Economia.
Articolo 12: sostituisce la lettera c) dell'art. 13. Attualizza la normativa vigente.
Articolo 13: introduce al comma 1 dell'art. 14 nuove disposizioni in materia di controllo e sicurezza a bordo. Inoltre prevede che i servizi tecnico-nautici d'interesse generale (pilotaggio, rimorchio, ormeggio, battellaggio) sono uniformati e resi più trasparenti. Le tariffe sono snellite e stabilite dal Ministero delle Infrastrutture.
Articolo 14: modifica all'art. 17, comma 15. Sostegno dei lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo con contratti a tempo indeterminato. Sono riconosciuti di natura differente gli anni 2010, 2011, 2012, attraverso una copertura degli oneri mediante la riduzione dell'autorizzazione di spesa del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.
Articolo 15: riscrive l'art. 18 (Concessioni demaniali di aree e banchine). Prevista la possibilità per le imprese non concessionarie di ottenere l'occupazione e l'uso anche esclusivo di aree demaniali e banchine fino ad assumere l'intera realizzazione di opere portuali. Vincoli più severi sull'attività di concessione.
Articolo 16: introduce una norma di interpretazione all'art. 13 (Disciplina fiscale dei canoni demaniali introitati dalle autorità portuali di interesse statale). I canoni e le entrate previste alle lettere a), b), c) e d) dell'art. 13 non costituiscono corrispettivi ai fini delle imposte dirette.

Paolo Bosso