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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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Logistica

Treni, Italia ferma da sette anni

Rapporto Eurispes. È dal 2007 che non si investe sui binari. Sul settore puntano in pochi, ma la quota italiana è comunque molto bassa rispetto all'Ue. E pensare che una volta spendavamo 10 miliardi di euro... 


di Paolo Bosso 
 
E' dal 2007 che l'Italia è ferma nello sviluppo delle reti ferroviarie. In Europa era uno dei primi paesi nel decennio 1995-2005 investendo 1,9 miliardi di euro nei primi anni per arrivare a ben 10 miliardi. Poi il buio, il paradosso di puntare sulle autostrade e la gomma, senza mai puntare in realtà visto che queste ultime sono rimaste sostanzialmente le stesse da sessant'anni a questa parte. Nel 2007 viaggiavano 70milioni di treni per chilometro, oggi 40, rappresentando il 6% della quota di trasporto. In verità la tendenza generale è quella di non puntare sul ferro, che in Europa oscilla comunque su una quota del trasporto bassa, tra il 12 e il 18%, solo l'Austria fa di meglio di tutti toccando il 30%. 
La fotografia dell'Eurispes sullo stato di salute dei treni in Italia è chiara: nel giro di vent'anni il nostro paese da leader dello sviluppo è diventato uno degli ultimi. L'amarezza maggiore è che questa scelta non è stata strategica ma solo votata al risparmio. Non si è trascurato il settore per puntare su altro, visto che l'alternativa per eccellenza, il camion, è rimasto sostanzialmente lo stesso, con giusto qualche tubo di scappamento ecologico in più. Cosa abbiamo fatto nel frattempo? Le Grandi Opere, gigantesche porte di accesso alle strade italiane (molte solo annunciate) senza tenere conto dello stato di queste ultime. Una logistica stradale siffatta, «senza curarsi di valorizzare il sistema dei collegamenti interni – spiega Carlo Tosti, direttore Osservatorio Eurispes sulla Mobilità e Trasporti - non può che rivelarsi un'azione controproducente. Si rischia infatti un "effetto imbuto" in entrata e in uscita». Quello che nel mondo della logistica viene chiamato l'effetto "collo di bottiglia". 
La ricetta Eurispes per rilanciare il settore conta su cinque punti: modernizzazione, riclassificazione, rifinanziamenti, partecipazione e concorrenza.
Modernizzazione. Elettrificazione e prolungamento binari per il transito di treni fino a 700 metri.
Riclassificazione. Riqualificare i binari da C3 a D4 per consentire il transito di treni fino a 22 tonnellate per asse.
Contributi, fondi e bandi. Riattivazione di finanziamenti, istituzione di un fondo di garanzia utile all'acquisto di materiale rotabile e istituzione di un servizio universale di procedure di gara pubbliche.
Partecipazione. Maggiore presenza delle imprese nei processi di decisione riguardanti l'utilizzo delle infrastrutture e le politiche logistiche.
Authority. Infine l'Istituzione di un'Authority del trasporto, già prevista nel decreto Salva Italia nel 2012, necessaria a garantire la concorrenza.
Leggendo il rapporto Eurispes emerge che Spagna e Francia hanno avuto una tendenza inversa rispetto all'Italia. Mentre quest'ultima nel decennio 1995-2005 cresceva, gli altri due erano sostanzialmente fermi, per poi svilupparsi quando il periodo delle vacche grasse nel Belpaese era finito. Il ripiegamento sulla gomma è secondo Tosti il paradosso vero e proprio per l'Italia. Costo del carburante, incidentalità, premi assicurativi. Di tutto questo la ferrovia non soffre. Se poi guardiamo alle emissioni, si sa che il paragone è impietoso. Eurispes cita uno studio FerCargo che afferma come per ogni tonnellata di carico e per ogni chilometro percorso un treno emetta 29 grammi di CO2, un camion moderno (Euro 5) 81.