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22 novembre 2024, Aggiornato alle 15,09
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Politiche marittime

Tassare i porti, D'Agostino: "Sosterremo il governo contro le richieste Ue"

Il presidente di Assoporti ha ribadito che le norme comunitarie sugli aiuti di Stato non si possono applicare ai porti italiani

Zeno D'Agostino

Bisogna opporsi alla richiesta della Commissione europea all'Italia di adeguare il proprio sistema di tassazione dei porti alle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato. Lo ha ribadito il presidente di Assoporti, Zeno D'Agostino, nel corso di un convegno organizzato dal propeller club di Trieste. 

«Le autorità di sistema portuale sono la longa manus del governo e non fanno impresa. Se lo fanno, lo fanno attraverso società che pagano le tasse. Chiedo quindi a Bruxelles di fare le cose per bene». D'Agostino, mette le cose in chiaro: il governo e il cluster marittimo italiano non sono favorevoli a un cambiamento della natura giuridica dei porti, non considerando quindi pertinente l'indagine della Commissione europea, iniziata ad aprile scorso e conclusa all'inizio dell'anno.

Si va verso la procedura d'infrazione, quindi, perché tra poco meno di due mesi, entro la prima metà di marzo, scadrà il tempo che l'Italia ha per adeguarsi alle richieste di Bruxelles. Quali? La Commissione europea ha chiesto di regolare in modo diverso il regime fiscale dell'attività economica delle autorità di sistema portuale, la cui voce principale è la riscossione dei canoni di concessione.

La decisione della Commissione europea vale anche per la Spagna. Qualche settimana fa Margrethe Vestager, commissaria europea reponsabile per la concorrenza, ha spiegato che i regimi fiscali vigenti nel paese iberico e in Italia concedono ai porti un vantaggio selettivo che violerebbe le norme Ue in materia di aiuti di Stato. «Lo sfruttamento commerciale – ha detto Vestager - delle infrastrutture portuali, come la concessione dell'accesso al porto dietro pagamento, costituisce un'attività economica», in cui si applicano le norme Ue sugli aiuti di Stato. «L'esenzione dall'imposta sulle società per i porti che realizzano profitti da attività economiche – continua - può rappresentare un vantaggio competitivo sul mercato interno e pertanto comporta un aiuto di Stato che potrebbe essere incompatibile con la normativa dell'Ue. In Italia i porti sono integralmente esentati dall'imposta sul reddito delle società».

Ma gli introiti dei porti italiani costituiscono il saldo di  un ente pubblico non economico che riscuote, per esempio, l'affitto del demanio. Per legge – c'è una Corte dei conti che vigila - li può solo riprogrammare, non possono diventare profitto. Non ci può quindi essere concorrenza sleale se l'attività economica dei porti non sono altro che spese di gestione e sviluppo a carico dello Stato. È questa la difesa che verrà portata avanti da Assoporti e del governo.

In realtà, la tesi difensiva dell'Italia potrebbe non essere sufficiente. L'avvocato Alberto Pasino, partner di Zunarelli studio associato, ha mostrato, durante il convegno del propeller triestino, la normativa di riferimento della vicenda spiegando come in passato la Commissione europea abbia già valutato la tesi secondo la quale lo stato non può pagare tasse allo stato e gli esiti non sono stati molto favorevoli a chi la sosteneva. Secondo Pasino, sono altre quindi le strade che l'Italia dovrà percorrere per far valere le proprie ragioni a Bruxelles.

Tag: porti