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Armatori - Cultura

Shipping: bentornato, caro business

A dodici anni dalla Grande depressione del 2008, la finanziarizzazione della crisi è finita, gli armatori stanno tornando ad essere selettivi, strategici. Appunti dal German Ship Finance Forum

(mercopress.com)

A oltre dieci anni dalla Grande recessione del 2008, il rapporto tra finanza e shipping è cambiato. Si potrebbe dire che gli armatori, dopo aver discusso di venture capital e finanziarizzazione, oggi sono tornati a parlare di affari. È un cambiamento genetico in atto. Dopo la finanziarizzazione della crisi bancaria successiva alla recessione, l'impressione del settore è che ora si torni a parlare di business, cioè gli armatori hanno ripreso a fare investimenti pensati, oculati. Pubblichiamo il resconto di Arturo Capasso, professore di economia all'Università del Sannio, del German Ship Finance Forum, un grosso evento internazionale che raccoglie l'armamento tedesco.

di
Arturo Capasso*

Il 27 febbraio, presso  l'Hotel Grand Elysee di Amburgo, si è svolta la diciannovesima edizione del "German Ship Finance Forum", organizzato da Marine Money, autorevole istituzione basata a Stamford che da circa un trentennio si propone attraverso eventi, ricerche e pubblicazioni di costituire un ponte fra lo shipping e i mercati finanziari internazionali. Il titolo scelto per l'edizione di quest'anno "Ship Finance in the Decade Ahead: Essential inside for business decision making in a trasforming world" si è dimostrato molto attraente per gli operatori del settore e ha questo spiega l'affluenza, nella capitale dello shipping tedesco, di oltre 370 partecipanti provenienti non solo dalla Germania, ma anche da Regno Unito, Stati Uniti, Grecia, Turchia, Olanda e altri paesi europei ed extraeuropei.  

Bentornato, business
Come ben evidenziato dal presidente di Marine Money, Matt McCleary, nel suo discorso di saluto, l'avvio del nuovo decennio si presenta come un momento significativo per tracciare il punto della situazione sullo scenario della finanza armatoriale e più in generale sulle prospettive del settore marittimo in un passaggio sicuramente critico per numerosi motivi politici ed economici. Tuttavia prima di segnalare gli interventi più significativi e i temi di maggiore rilevanza è bene sottolineare una mutazione genetica in questo tipo di eventi. Per molti anni la finanza è stata il principale argomento di discussione. All'alba del nuovo millennio era necessario disciplinare l'afflusso di banche, di qualsiasi tipo e nazionalità, desiderose di entrare nel settore dello ship finance considerato, a ragione visti gli andamenti fino al 2007, alla stregua di un eden per gli investitori. Durante la successiva crisi il tema dominante è stato gestire l'uscita precipitosa delle banche che, con gravi perdite, si ritiravano svendendo i loro portafogli di crediti deteriorati. Quindi per gli anni successivi si è discusso su come colmare il gap finanziario lasciato dalle banche ed è stato il momento dei fondi di private equity, del private debt, del leasing cinese. Finora, tuttavia, in questi consessi si discuteva poco di business ed ancor meno di aspetti quali le strategie, l'organizzazione, la governance delle compagnie di navigazione. Persino temi importanti come l'innovazione tecnologica erano spesso trattate in modo marginale e talvolta relegate a sessioni parallele con scarso seguito. In questi ultimi anni la tendenza però è cambiata. Si parla sicuramente meno di mercato dei capitali, di architetture finanziarie più o meno complesse, ma sicuramente più di business. Si è preso atto del fatto che la finanza è sempre essenziale per il mondo dello shipping ma è diventata molto più selettiva nella valutazione dei progetti. Se prima bastava il valore cauzionale della nave oggi si guarda con molta più attenzione all'azienda, alla qualità del management e della governance. Stanno cambiando i modelli di business delle compagnie armatoriali e i loro assetti proprietari e organizzativi.

Il Coronavirus non ci voleva
Come era prevedibile, la discussione non poteva non muovere dall'impatto del Corona virus, non tanto per i suoi aspetti sanitari, quanto per i riflessi economici sulla Cina e le inevitabili ripercussioni sul resto del mondo. Le buone prospettive con le quali si era concluso il secondo decennio degli anni 2000 sono state bruscamente e inaspettatamente smentite dall'avvio del 2020. I volumi del traffico container, dry bulk e cisterne, con il loro affidabile valore segnaletico circa l'andamento delle economie mondiali indicano un crollo della produzione e del consumo poiché i consumatori cinesi sono in quarantena o restano lontani dalle loro attività abituali. Inoltre molte piattaforme produttive europee e americane sono in difficoltà per la mancanza di approvvigionamenti, causa le chiusure degli impianti di componentistica in Cina. Proprio al traffico container è stato dedicato il primo  intervento a cura di Jan Tiedemann, Senior Analyst della Alphaliner società specializzata nella fornitura di informazioni per armatori, terminalisti, autorità portuali e organizzazioni di settore. Dai dati raccolti Tiedemann ha spiegato come quello dei containers resta un settore strutturalmente in espansione. La capacità disponibile ha continuato a crescere anche durante la crisi al ritmo di circa un milione di teus all'anno. Tuttavia la crescita è stata concentrata nel segmento delle navi più grandi, oltre i 15 mila teu, dove maggiori sono state le innovazioni tecnologiche, mentre gli altri segmenti sono stati di fatto alimentati non da nuove costruzioni ma dall'effetto cascata, dovuto all'introduzione di navi sempre più grandi nella fascia dei vettori a più elevata capacità. La tendenza al gigantismo è sostenuta anche dalla ricerca dell'efficienza, attraverso le economie di scala, e dall'elevata concentrazione che si è raggiunta nel settore, dove i primi tre operatori raggiungono quasi il 50 per cento del mercato (si veda al riguardo l'ottima pagina di Alphaliner aggiornata praticamente in tempo reale). Interessante è poi osservare come, sempre per le portacontainer, si sia registrato, nel 2020, un valore piuttosto elevato di navi inattive: il 5,4 per cento della capacità totale, rispetto al 2,5 per cento del 2019; anche se occorre specificare che parte delle navi inattive sono in ristrutturazione per adeguarsi alle nuove norme previste da IMO 2020. Gran parte degli operatori, infatti, soprattutto per le navi di maggiori dimensioni ha optato per gli scrubbers come soluzione per adeguarsi ai nuovi standard. L'alternativa rappresentata dall'alimentazione LNG è stata scelta da un minor numero di operatori e prevalentemente per navi con portata inferiore ai 15 mila teu. 

Ambiente e materiality: un po' norme, un po' tecnologia
Il tema degli scrubbers ha consentito di spostare l'attenzione dai containers a tutto il comparto del traffico marittimo per discutere dell'attenzione che i finanziatori prestano alle performance in termini di sostenibilità ambientale, responsabilità sociale e solidità della governance: in sintesi ESG, Enviromental Social and Governance). La sostenibilità ambientale, in verità, è qualcosa con la quale gli armatori sono abituati a confrontarsi da molti anni, tuttavia fino a poco tempo fa questa si risolveva nella necessità di rispettare leggi e regolamenti internazionali. Ora il problema si sposta sul finanziamento perché l'attenzione agli aspetti ambientali, sociali e di governance - ESG - è divenuto un fattore critico nelle decisioni dei principali fornitori di capitali, sia di credito (debito) sia di rischio (equity). Questo è stato il messaggio principale dell'intervento di Joachin Nahem e Josephine Eggum, rispettivamente partner e senior associate della società di consulenza norvegese The Governance Group. Si è discusso in particolare di due aspetti, la materiality e le metriche. "Materiality" significa che i fattori ESG cui fare riferimento sono quelli potenzialmente forieri di un impatto significativo, sia positivo che negativo, sul modello di business di un'azienda e sui driver di valore, come incremento dei ricavi, margini, finanziamenti e rischio. I fattori materiali differiscono da un settore all'altro. Esempi di fattori che possono essere rilevanti sono la politica ambientale, la salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché il governo societario e i sistemi di controllo sul management. Affinché la sostenibilità si traduca in performance finanziaria, deve avere un impatto sulla quantità di flusso di cassa generato dalla società o sul rischio percepito dai finanziatori e quindi sul costo del finanziamento esterno per la società. Il problema principale resta tuttavia la capacità di misurare in termini obiettivi la performance in termini di ESG e su questo sono al lavoro le big four della revisione e diverse altre società di consulenza anche se non vi è ancora un modello universalmente condiviso.

È stata poi la volta di esaminare la situazione dell'armamento tedesco, che ha attraversato una fase di trasformazioni per effetto di acquisizioni, cessioni, fusioni aziendali, diversificazioni e ricerca di nuove fonti di finanziamento. Ne hanno discusso pacatamente Nicolaus Bunnemann, CEO di Atlantic Lloyd GmbH & Co. KG, Christoph Toepfer, CEO di Borealis Maritime Limited e Alexander Oetker, CEO di A.O. Schiffahrt. Nel dibattito, moderato da Stefan Rindfleisch, Partner dello studio legale Ehlermann Rindfleisch Gadow, è emerso come i driver di questa trasformazione non sono da ricercarsi solo nella crisi del 2007 e nelle difficoltà del ceto bancario ma anche in altri fattori come lo sviluppo tecnologico, la grande liquidità di un mercato dei capitali con tassi di interesse estremamente bassi (in Germania i titoli di stato hanno rendimenti negativi) e la tendenza verso forme di energia più pulita (decarbonizzazione). 

Nell'ottica della finanza armatoriale si sono poi succeduti numerosi relatori, protagonisti dei mercati del capitale di rischio e di debito. James Thomas, investitore in diversi comparti dello shipping, oltre che in altri settori come l'healthcare, ha spiegato come i fondi di private equity, entrati ormai da alcuni anni nelle imprese armatoriali, siano ora un fattore di accelerazione dei processi di concentrazione. I fondi, infatti, hanno una durata predeterminata solitamente entro i 10 anni, al termine della quale devono necessariamente liquidare i propri investimenti. Secondo Chris Weyers, Managing Director di Stifel, investment bank con base a St. Louis, la maggior parte dei fondi presenti nel capitale delle società armatoriali spinge per operazioni di fusione, che consentano la loro fuoriuscita o la quotazione in borsa, che rende di fatto facilmente liquidabili le quote in portafoglio. Del debito e del leasing cinese hanno invece parlato Thomas Kaas Christiansen, Responsabile in Europa della Shipping Leasing Division della Minsheng Financial Leasing, Jan-Philipp Rohr, Responsabile Global Shipping della Hamburg Commercial Bank, Wijnand Botman, CEO di Direct Ship Finance, Andreas Povlsen, fondatore di Breakwater Capital e managing director di Hayfin Capital Management. Dalle loro considerazioni emergono alcune osservazioni interessanti. Il debito garantito da ipoteche continuerà ad essere la forma prevalente di finanziamento delle navi, anche se non più quasi esclusiva come in passato. La percentuale di loan to value (debito sul valore della nave) tenderà necessariamente a ridursi e la differenza potrà essere colmata da forme di indebitamento diretto (privat debt) alimentate anche dalla massa crescente di liquidità presente sui mercati e alla ricerca di rendimenti attraenti.  

Paul Taylor, Global Head  Shipping & Offshore di Société Générale, ha poi spiegato come anche le banche tradizionali, a partire dai "Poseidon Principles" del 2019 si impegnino a condizionare le proprie decisioni di finanziamento ai principi di sostenibilità ambientale e alla decarbonizzazione dell'attività armatoriale.

Al dibattito conclusivo, moderato da Hew Crooks, Partner & CFO di Ridgebury Tankersè stato affidato il cruciale interrogative "Will the Next Decade Transform Shipping – and the World?" Ne hanno parlato Peter Hauschildt, Head of Technology, Innovation and Sustainability alla Thyssen Krupp, Oystein Kalleklev, CEO, Flex LNG Management AS, Scott Borgerson, Fondatore e CEO, CargoMetrics and TruFreight, Philipp Wünschmann, Head of Shipping, Berenberg, Holger Janssen, Head of Global Shipping, UniCredit Bank AG. ma questo interrogativo è rimasto sospeso per le tante incertezze che dominano questo complicato periodo, dalle emergenze sanitarie, come la pandemia, a fattori politici come i nazionalismi e le guerre commerciali e non. A questo si aggiunga il progresso tecnologico, la digitalizzazione e le trasformazioni in atto nel mercato finanziario, con meno banche ma più fintech e investitori istituzionali portatori di nuovi e differenti criteri di selezione degli investimenti. La sola certezza è che le navi vanno. Forse un po' più piano per consumare e inquinare di meno ma il trasporto navale continua ad essere una componente essenziale del commercio internazionale come avviene da circa 3,500 anni.

*professore ordinario di Economia e gestione delle imprese, Università del Sannio, Benevento

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Tag: economia