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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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Politiche marittime

«Senza il Grande progetto siamo finiti»

Dialogo con il presidente degli agenti marittimi di Napoli Andrea Mastellone. Anche se si riducesse a metà sarebbe un disastro. Appello alle istituzioni per fare chiarezza


di Paolo Bosso 
 
«Siamo finiti. Se le cose stanno così siamo finiti». La notizia della lettera Ue risalente al 2012 che boccia il Grande progetto del porto di Napoli arriva come una doccia fredda per gli operatori dello scalo. «Non è stata ancora smentita, e questo mi preoccupa» afferma Andrea Mastellone, presidente Assoagenti, l'associazione degli agenti marittimi di Napoli. Il suo pensiero raccoglie gli umori del porto ed è rappresentativo dell'aria che tira in questi giorni. «Significherebbe ridimensionare completamente le nostre ambizioni» spiega. Addio al macroporto regionale del Sud Italia e via libera alla marginalizzazione, con «uno scalo regionale in competizione soltanto con le realtà limitrofe». L'allarme non è solo relativo all'addio del Grande progetto in toto, ma anche all'eventualità che venisse approvato soltanto il primo troncone, quello da 154,2 milioni da avviare entro il 15 dicembre 2015, realizzato in fretta e furia da un Autorità portuale che pare abbia ricevuto la lettera Ue dalla Regione Campania, destinataria della missiva insieme al ministero dello Sviluppo, con un ritardo mostruoso, esattamente un anno dopo, a luglio scorso.
«Il Piano Operativo Triennale approvato dal comitato portuale è fatto su misura del Grande progetto. C'è una prima fase che include rete fognaria, bonifica dei fondali, prolungamento della diga foranea, tombamento dell'attuale darsena di Levante, escavo dei fondali e rimozione dei silos della Marinella». E questi sono gli interventi da 154,2 milioni. Ma in realtà è il secondo troncone a rendere "grande" il progetto. Costa di meno (85,8 milioni) ma innescherebbe una trasformazione radicale degli spazi portuali, fermi a un piano regolatore vecchio di decenni. Ma al momento questo secondo troncone è congelato, relegato al peggio a un piano di accumulo del capitale tutto da definire. Include in sostanza la delocalizzazione dei petroli e la costruzione di una vasca di colmata, permettendo la creazione di un unico grande terminal container. Interventi che permetterebbero la delocalizzazione e la razionalizzazione delle officine di riparazione, dei cantieri e degli uffici. Mastellone non ha dubbi: «Senza questo secondo troncone non andiamo da nessuna parte. Avremmo un mezzo terminal contenitori che non potrà ospitare le grandi navi, autostrade del mare e rotabili incastrati tra cantieri e officine, e continuerà la difficile convivenza tra container e petroli a discapito della sicurezza».
Addio all'organizzazione per macroaree con passeggeri, cantieristica, multipurpose, rotabili, autostrade del mare, container e petroli. Senza il grande progetto, ma anche con uno a metà, «ripartiremmo da zero, il piano regolatore sarebbe tutto da rifare». Mastellone vuole chiarezza e lancia un appello alle istituzioni: «Quali sono le decisioni dell'Ue? Il nostro futuro sarà sulle basi del Grande progetto o ci dobbiamo accontentare di ciò che abbiamo? Siamo al fianco delle istituzioni ma il sistema portuale, per funzionare, ha bisogno di certezze».