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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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"Senza autonomia non c'è crescita per i porti"

Dal palco del convegno organizzato a Roma dal Rina, una riflessione sulle difficoltà di sviluppare i porti con le grandi opere. Un panorama fatto di iter normativi farraginosi che sfiduciano gli investitori nostrani ed esteri


Perché i porti italiani soffrono di carenze infrastrutturali o di opere che non sono in grado di sviluppare? A questa domanda ha cercato di rispondere il convegno dedicato alle infrastrutture. "Le grandi opere. Come sbloccarle, come rendere i progetti finanziabili" è il titolo della conferenza organizzata dal Rina e svoltasi a Roma. 
Secondo i presenti il fattore che determina più di tutti la difficoltà di avviare grandi opere risiede nell'iter normativo e burocratico. Un sistema farraginoso caratterizzato da forte incertezza normativa che non attira gli investitori internazionali. I relatori Luigi Grillo, presidente della 8° Commissione Lavori Pubblici del Senato, Cesare Trevisani, vicepresidente Confindustria e Luisa Todini, presidente Fiec - Federazione delle Imprese Europee di Costruzioni, sono arrivati a questa conclusione: se per i porti qualsiasi ipotesi di finanza di progetto sembra essere naufragata nel mancato riconoscimento di autonomia finanziaria, è perché il paese sconta le storture e le incongruenze di un apparato regolatorio che resta macchinoso, con iter burocratici suscettibili in qualsiasi momento di bloccare progetti, anche quelli formalmente approvati dal Cipe. Da qui la proposta: non è necessario cambiare le norme presenti, quanto di renderle certe ponendo fine agli abusi nell'iter di approvazione e quindi di bancabilità delle opere.