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02 aprile 2025, Aggiornato alle 15,55
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Ripresa: ma si può senza il porto?

Dopo la proposta dell'Unione Industriali di una Legge Obiettivo per la città di Napoli, Umberto Masucci (Confcommercio), Nicola Coccia (Terminal Napoli, Confitarma) e Michele Pappalardo (Assoagenti), riflettono sugli interventi di riqualificazione del porto campano


Il Comitato Scientifico dell'Unione Industriali di Napoli ha reso noto un documento contenente la proposta di una Legge Obiettivo per la città di Napoli. «Uno strumento normativo snello – spiega il presidente dell'Unione, Giovanni Lettieri – che contenga misure di semplificazione amministrativa». Dei diversi interventi proposti, tre sono ritenuti molto importanti: delocalizzazione dell'aeroporto a Grazzanise; modifiche relative al progetto per la nuova Bagnoli; redazione di un piano Unesco per il centro storico. La relazione tiene a precisare che i contenuti riguardano una proposta di «metodo», ma il documento non apporta nessun contributo, nessun accenno al mondo portuale, un importante tassello per l'economia della città. Un'attività "discreta" per molti cittadini napoletani che non vivono nelle immediate vicinanze del mare. Un mondo autonomo che si autogestisce con le sue autorità istituzionali ma spesso, probabilmente per la sua stessa spiccata indipendenza, ignorato dai non addetti ai lavori. 
Abbiamo chiesto a Umberto Masucci, membro della Giunta Esecutiva di Confcommercio, a Nicola Coccia, presidente della Terminal Napoli e di Confitarma e a Michele Pappalardo, presidente Assoagenti e vicepresidente Federagenti, un commento relativo allo stato attuale dei progetti futuri sul porto prendendo spunto proprio dalla necessità, manifestata nel documento del Comitato, di alleggerire le procedure burocratiche relative agli investimenti sulla città. «Le difficoltà di gestione del molo San Vincenzo (il lungo molo che affianca la Stazione Marittima, nella foto in alto) – spiega Masucci – possono servire da esempio dei notevoli ostacoli amministrativi che spesso il porto incontra per sviluppare le sue attività. Sono dieci anni che cerchiamo di renderlo funzionale ma, nel complicato dialogo a tre con la Marina e la Sovrintendenza, allo stato attuale non è stato ancora reso operativo». 
Su cosa state lavorando ultimamente?
«Stiamo puntando – prosegue Masucci – soprattutto al waterfront, con nuove proposte e sinergie strategiche». 
Ritenendo il porto un'attività industriale vera e propria, quale contributo può dare all'economia cittadina? 
«Noi di Ascom – aggiunge - riteniamo che il porto di Napoli debba essere visto soprattutto sotto l'aspetto turistico. Movimentiamo circa dieci milioni di passeggeri l'anno, se questo non è turismo...». Ed è proprio la particolare natura industriale dell'attività portuale campana ad aver spinto Nicola Coccia ad una riflessione. «Se guardiamo Napoli con il suo sistema portuale allargato agli altri scali – spiega - la Campania è la regione con il più alto movimento passeggeri della penisola. Gli armatori campani sono più del 40% della flotta nazionale. La posizione geografica dello scalo – continua - permette di facilitare il dialogo con i principali paesi euromediterranei.Cosa rimane dell'industria campana se escludiamo l'attività portuale? Per questo motivo la ritengo una fetta molto importante, se non fondamentale, dell'industria cittadina e campana». «Il porto – conclude Coccia – è una complessa dimensione economica frutto di tre fattori: turismo, logistica e trasporto».
«Un altro esempio delle difficoltà burocratiche viene, insieme al molo San Vincenzo, dai Magazzini Generali – spiega Michele Pappalardo - un palazzo inutilizzato da tanto tempo su cui pesa il veto della Sovrintendenza. Abbattere il palazzo o una sua parte aprirebbe enormi possibilità per lo sviluppo del waterfront.
Su quest'ultimo punto qual è la situazione?
«Un nuovo fronte portuale è l'occasione per la città di cambiar pelle. Napoli – spiega Pappalardo - come tanti porti storici, soffre della vicinanza delle abitazioni. Per questo motivo, ma non solo, anche la situazione waterfront è ferma. Si tratta di un progetto del 2003 della Nausicaa, un consorzio costituito da Regione, Comune e Autorità Portuale. Sono ancora molti gli intoppi che ostacolano le procedure, soprattutto, come abbiamo detto poc'anzi, la necessità di spazi su cui pesano ostacoli pesanti come il veto sui Magazzini.». 
E sui dragaggi? 
«Il problema principale sorge nel momento in cui si considerano i materiali di risulta degli escavi come rifiuti, creando una serie di problematiche ambientali basate su presupposti anomali. Basti pensare, per rendersi conto della realtà che a volte viviamo, che in tutte le altre città di mare europee la procedura sui dragaggi è ordinaria amministrazione, non un intervento eccezionale come da noi». «Napoli – conclude Pappalardo – è divisa da due mentalità contrapposte: quella che sta dietro le attività di sbarco dei passeggeri, con tempi diversi da quelli della terraferma, e quella che sta dietro l'organizzazione turistica della metropoli».
Paolo Bosso