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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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Eventi

Quanti commissari nei porti?

Sono 9 su 24 le authority commissariate. Alla base un problema di governance politica, tra piani regolatori-elefante, investimenti senza criteri e conflitti di interesse. Se n'è discusso a Napoli, insieme al Propeller Club e al commissario Karrer


di Paolo Bosso 
 
Nel giorno in cui il porto di Napoli segna -10,5% nei container del primo trimestre, alla stazione marittima dello scalo si parla di commissari insieme al commissario. Un convegno organizzato dal Propeller Club di Umberto Masucci che ha invitato Pasqualino Monti (Authority Civitavecchia), Nereo Marcucci (Confetra), Michele Pappalardo (Federagenti) e Aniello Cuomo (Capitanerie). Tutti insieme per discutere sullo stato delle autorità portuali italiane, commissariate in nove su ventiquattro totali. 
Si è parlato di governabilità di uno scalo e della competitività della portualità italiana sul mercato. «La natura dell'autorità portuale rende di per sé delicata la sua governabilità» ha commentato il commissario del porto di Napoli Francesco Karrer alla sua prima uscita pubblica. «Divisa tra una funzione pubblica e una commerciale, rappresenta una sfida per chiunque». Attualmente per Karrer il nodo principale a Napoli è rappresentato dal Piano Regolatore Portuale (Prp), vero macigno burocratico. «Sembra un piano di quartiere» sentenzia. «Sono deluso. Mi sono trovato di fronte qualcosa di più rigido di un piano urbanistico, ed è un controsenso. Il porto di Napoli, rispetto alla città, ha una pianificazione lineare, con la stazione marittima a ovest e le concessioni a est».
Monti rincara la dose portando l'esempio del suo porto. «Dieci anni per approvare il nostro di Prp. Lo studio è iniziato nel 2003, per essere approvato nel 2012, quando era già vecchio. Ma il problema è che il Prp si ferma al porto. Se lo scalo ha collegamenti efficienti con l'esterno, bene, altrimenti ogni authority ha uno strumento già morto».
Marcucci si è soffermato sullo spreco di risorse e sulla mancanza di programmazione nazionale, facendo galoppare il suo cavallo di battaglia: «Tra il 2005 e il 2012 sono stati finanziati 5,2 miliardi di euro in infrastrutture, per mantenere invariato il numero di merci movimentate nei porti, 500 milioni di tonnellate. Dove sono finiti questi soldi? Polverizzati. E oggi sbarchiamo merce per il mercato domestico».
Al Prp e agli sprechi si affianca il mostruoso conflitto di interesse legato alle concessioni, che «a Napoli è un problema sotto gli occhi di tutti» sottolinea Karrer. «All'inizio della crisi -racconta Marcucci- i porti spagnoli e nordeuropei hanno ridotto i costi delle concessioni per non paralizzare il mercato e favorire una sana concorrenza. Noi authority italiane non possiamo farlo, la legge ce lo vieta».
Pappalardo, che ha chiuso gli interventi, ha concluso il convegno con ottimismo. «Bisogna trovare figure che siano capaci di mettere insieme interessi pubblici e privati, cosa molto difficile. Ma sono fiducioso. La politica deve decidere cosa fare dei porti e adesso, con il risultato elettorale delle europee, mi sembra che i tempi siano maturi». Maturi, è il messaggio implicito di Pappalardo, per una buona riforma dei porti.
 
Nella foto, da sinistra, Pappalardo, Marcucci, Masucci, Karrer, Monti, Cuomo