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02 aprile 2025, Aggiornato alle 15,55
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Quando la tecnologia esagera: la prolificazione degli allarmi a bordo

Uno studio inglese dimostra che l'eccesso di questi sistemi digitali "distraggono e complicano la vita del personale di guardia"


L'indagine di Massimo Granieri sulla prolificazione degli allarmi che distraggono e complicano la vita del personale di guardia. A seguire, la riflessione sul tema di Decio Lucano

di Massimo Granieri DL News

"Ponti di comando tecnologicamente sempre più avanzati che dovrebbero garantire una condotta della nave e della navigazione più affidabile e sicura in realtà rappresentano anche un prolificare di allarmi che distraggono e complicano la vita del personale di guardia". È questo in sintesi il risultato a cui arriva uno studio condotto dal Shipowners' Club affiancato dal Dipartimento di Psicologia della Royal Halloway Univeristy di Londra portato avanti per circa due anni con la collaborazione di parecchi media dell'industria dello shipping, la UK Chamber of Shipping, Intermanager, ISWAN e pubblicato su Marine Insurance P&I Club News del 5 Agosto scorso. 

Un'indagine condotta per mezzo di un dettagliato questionario su un vasto campionario di "addetti ai lavori" per la maggior parte comandanti (oltre il 46%) ma anche ufficiali e marinai abilitati alla guardia sul ponte imbarcati sui più svariati tipi di navi, dalla moderna nave passeggeri alla draga. Alla prima domanda se i falsi allarmi rappresentano un problema e se gli allarmi siano graduati per allertare situazioni di diverso pericolo l'89% degli intervistati, con diversa incisività, li considera un pericolo, il 66% di essi denuncia inoltre che spesso non sono facilmente individuabili e il 53% afferma che gli allarmi sonori non sono graduati per rappresentare diversi livelli o tipologia di pericolo. 

Positivo riscontrare che oltre l'85% afferma di conoscere il sistema allarmi di bordo, la loro posizione e ciò che rappresentano tuttavia nei commenti liberi allegati alle risposte il 50% dei partecipanti esprime frustrazione per il format degli allarmi stessi lamentandosi che il sonoro ha un tono comune a tutti per cui risulta difficile la loro individuazione e/o distinzione . Interessanti e gravi le risposte alla domanda "Gli allarmi che ricorrono più frequentemente sono talvolta tacitati o ignorati e no verificati perché considerati non prioritari se impegnati in altre attività durante l'esercizio della guardia?" In questo caso il 77% del personale afferma che non vuole essere disturbato durante la guardia sul ponte. Sebbene questa risposta possa essere considerata positiva in senso generico rappresenta anche un pericolo perché dimostra che l'equipaggio in molti casi non riconosce l'importanza degli allarmi sonori intesi come segnalazione di un' incombente emergenza. Un altro argomento evidenziato nelle risposte a testo libero è stato quello riguardante la prontezza da parte dell'equipaggio a silenziare gli allarmi senza investigarli a causa della così detta "alarm fatigue" causata dal frequente ripetersi di ingiustificate segnalazioni di emergenze. In questo caso il 45% degli interpellati ha confermato questa pratica evidenziando che è un modus operandi prevalente fra tutti i ranghi del personale di guardia (44% comandanti, 41% primi ufficiali, 48% secondi e 60% terzi uficiali). Desta anche preoccupazione riscontrare che il 24% dei partecipanti l'indagine hanno dichiarato di non aver mai o raramente interagito con il Bridge Navigational Watch Alarm System di bordo.

La sommatoria delle varie risposte al questionario e quelle a testo libero ha evidenziato quattro principali criticità:
-    Allarm fatigue (causato principalmente dal frequente ripetersi di falsi allarmi) 
-    Difficoltà nell'identificare gli allarmi (segnali sonori con stesso tono/frequenza) 
-    Design talvolta non adeguato del sistema-allarmi del ponte 
-    La mancanza di un adeguata formazione del personale 

Un lavoro coraggioso e utile grazie anche alla genuina collaborazione dei bordi che evidenzia la necessità di migliorare e standardizzare le normative riguardanti la costruzione e l'ergonomia dei sistemi di monitoraggio delle emergenze tenendo sempre ben presente che la tecnologia e i sistemi intelligenti devono nascere dall' originale efficienza umana per aumentarne la stessa perché le macchine potranno essere delle alleate fondamentali dei lavoratori, a patto che alcuni temi non vengano trascurati, in primis quello della formazione delle risorse umane. Un sistema formativo modellato per dare spazio a materie che sviluppino da un lato agilità, resilienza e flessibilità; dall'altro skill "innati" negli esseri umani quali appunto la creatività, l'intelligenza emotiva per interagire con i moderni sistemi di gestione del mezzo-nave. 

"La prima regola di ogni tecnologia è che l'automazione applicata ad un'operazione efficiente ne aumenterà l'efficienza. La seconda è che l'automazione applicata ad un'operazione inefficiente ne aumenterà l'inefficienza" (Bill Gates).

la riflessione di Decio Lucano

Negli anni settanta regnavano i registratori di rotta, di navigazione e di macchina, e si riempivano rotoloni di carta di data log in macchina, mentre sul ponte bisognava tenere la documentazione di carta rappresentante le situazioni cinematiche pericolose anticollisione durante il viaggio e consegnarla agli uffici della compagnia. Questa è storia. D'altro canto le migliaia di dati analizzati quanto sono serviti allo sviluppo tecnologico? Operatori e industrie chiedevano una standardizzazione o uniformazione delle apparecchiature per facilitare l'uso delle stesse da parte del personale : in breve "parlare la stessa lingua" (The Economist 10 agosto). 

Questa è una esigenza che si pone anche oggi, dove sulle grandi navi, crociera soprattutto, un team di persone qualificate (non un uomo solo) dirige la condotta della navigazione in contatto (responsabilità condivisa?) con la compagnia. È l'eterna contrapposizione tra uomo e macchina, non ci fidiamo né dell'uno né dell'altra; la rapsodia degli allarmi (articolo Granieri) ha come leitmotiv l'interfaccia tra uomo e macchina. In fondo la storia della nave automata (automated, autonomous) cominciata negli anni cinquanta e sviluppata via via negli anni settanta ha lo scopo di perfezionare questa interfaccia per togliere l'uomo dalla conduzione della nave. 

La nave diventa un trave, un ferro per trasportare merci dal porto A al porto B, infilarsi in uno scalo, anch'esso automatizzato senza personale alle gru o agli ormeggi. Uno scenario che si verifica nei grandi porti europei e asiatici. In mezzo a questo percorso ecco incombere la normativa sulle emissioni del combustibile, la corsa alla costruzione delle navi a propulsione LNG e parzialmente elettriche. Un quadro normativo in itinere, che verrà gestito tra i soggetti del cluster marittimo, la Federazione del Mare.
 

Tag: navi