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02 gennaio 2025, Aggiornato alle 12,19
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Logistica

Porti, il progetto di riforma del Pd

Il Partito Democratico ha presentato una bozza della riforma della legge 84/94. Decreto entro 60 giorni. 14 porti core  incanalati nelle Ten-T, tutto il resto sono porti regionali e militari. Reazioni positive da tutto il cluster |  La bozza   |  Lupi presenta la "sua" riforma


di Paolo Bosso 
 
Un progetto di riforma condiviso sostanzialmente da tutti. Troppo generico per attirare critiche precise e promettente a sufficienza per intavolare una bozza che da qui a un paio di mesi diventi addirittura decreto. Ieri il Partito Democratico, nella sua sede di Roma, ha presentato il progetto di legge di riforma della 84/94, la legge che ha creato le autorità portuali, i porti moderni, ma che è rimasta troppo tempo senza essere aggiornata, e oggi è diventata vetusta. «È dal 2002 che si attende una riscrittura» afferma il capogruppo Commissione Trasporti del Senato Marco Filippi che ha curato e presentato il progetto di legge. Una bozza messa di fronte a quasi tutto il cluster marittimo, dalle autorità portuali ai sindacati, passando per terminalisti e logistici. Affianco al capogruppo Filippi c'erano il presidente della Commissione Trasporti della Camera Michele Meta e la responsabile Infrastrutture e Trasporti del Pd Debora Serracchiani.
 
 
Le Autorità portuali
14 porti core scelti seguendo i nove corridoi delle reti Ten-T, perché «le priorità del nostro paese coincidono con quelle europee» chiosa Serracchiani. Tutto il resto, 25 porti, sono classificati come comprehensive. Ecco qui il progetto di riforma dei porti targato Pd. L'impostazione è europea, nordeuropea, visto che razionalizza il numero delle autorità portuali in base al flusso merci già esistente. «La logistica non si costruisce a tavolino come i lego ma deve tenere conto delle reti di trasporto già esistenti» afferma la Serracchiani.
La forma della riforma non sarà nella legge delega ma in quella del decreto, «così che in massimo 60 giorni potrebbe essere pronta» promette Filippi. Oltre ai core e ai comprehensive ci sono gli scali di interesse regionale e militari. Quattro classi che superano «la questione meramente numerica delle autorità portuali» secondo Filippi, «evitando la concorrenza sleale». L'obiettivo è rendere le 14 autorità portuali core, quelle collegate direttamente ai flussi merci transnazionali, nelle condizioni di competere anche come organismo pubblico-civile oltre che pubblico-economico. «E' una riforma che mette i poteri civili nelle mani dei porti» secondo Meta, che aggiunge: «La moltiplicazione dei porti commissariati ha moltiplicato il potere militare degli scali, facendoci tornare indietro di tanto tempo». Quindi, se tutto va bene, 60 giorni per trasformarla in decreto più il tempo fisiologico che tutte le autorità portuali termino i mandati della "vecchia" legge. Tempo: un anno, un anno e mezzo e l'Italia potrebbe essere operativa con una portualità, si spera, rinnovata.

Piani regolatori
Verrà eliminata la Valutazione di Impatto Ambientale, a cui il Pd preferisce la Valutazione Ambientale Strategica. 

Servizi tecnico-nautici
«E' una delle prime norme da inserire nel decreto - garantisce Filippi - l'impostazione resta quella dell'accordo interassociativo. Si tratta di attività che non possono essere soggette alla concorrenza ma a una disciplina omogenea nazionale». Quindi regole certe con tariffe stabilite da una regia unica senza la giungla attuale. 

I commenti del cluster
Concessioni, autonomia finanziaria e servizi tecnico-nautici sono i tre punti da approfondire nelle prossime settimane. Il presidente dell'Autorità portuale di Ravenna, Galliano Di Marco, non crede che «l'IVA sia lo strumento per aumentare la competitività . Piuttosto il non inserimento delle Ap nell'elenco Istat, quello è più importante». Per quanto riguarda le concessioni, il pensiero del presidente del porto di Genova Luigi Merlo è stato quello più conciso: «Va salvaguardato il concetto pubblico del demanio: la proprietà, come in Francia, deve essere delle autorità portuali». Quello su cui tutti si sono trovati d'accordo è la forte debolezza dell'amministrazione portuale, un carrozzone che aggrava e rende impossibile qualunque rilancio, qualunque investimento. «Tra il 2005 e il 2012 - spiega il presidente Confetra Nereo Marcucci - abbiamo movimentato sempre la stessa quantità di merce: mezzo miliardo di tonnellate, nonostante abbiamo investito nello stesso periodo più di 5 miliardi di euro. Dove sono finiti? Il problema, allora, non è la nostra offerta rispetto alla domanda del mercato, ma l'ipertrofia burocratica». «E' sempre più difficile far capire agli stranieri cosa sta succedendo nei nostri porti» chiude gli interventi il presidente Federagenti Michele Pappalardo. «Ci avevano avvisato che le portacontainer attuali saranno fuori mercato a breve. Ci avevano avvisato delle meganavi, ma noi niente, non ci siamo mossi. E oggi, ovviamente, non siamo pronti a riceverle».