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Cultura

Perdere la Tramontana, storia di venti e marinai

Il suo nome deriva da trans montes (viene dai monti), che in particolare ad Amalfi si trovano dalla parte di settentrione. La lezione di Silvestro Sannino

(Ph: Il Meteo)

di Silvestro SanninoDL News

Nella rubrica domenicale "Pronto soccorso linguistico" di Francesco Sabatini, presidente onorario dell' Accademia della Crusca, è stato esaminato il significato della "locuzione" o "modo di dire": "perdere la tramontana". Le persone interpellate, e lo stesso illustre linguista, hanno interpretato il significante proposto con i significati che ad esso associano la Treccani ed altri autorevoli dizionari: perdere la bussola, disorientarsi, confondersi, smarrirsi, perdere il controllo di sé. Quindi, una volta tanto, tutti d'accordo. Ma è proprio così? O forse è il caso di vedere più da vicino l'origine, e quindi il significato più profondo, più autentico, della locuzione citata? Poiché mi sono occupato un po' di storia della navigazione penso di poter fornire qualche informazione e qualche precisazione in merito. 

LA ROSA DEI VENTI NEL MEDIOEVO E NELL'ANTICHITÀ
La Tramontana, come è noto, è uno degli otto venti della "rosa dei venti" italica, creata nella marineria del basso medioevo, subito dopo il mille, e diffusasi in tutto il Mediterraneo. La rosa dei venti usata dai marinai italici era costituita dagli otto venti equispaziati, a partire dal settentrione e procedendo in senso orario: Tramontana (T), Greco (G), Levante (L o +), Scirocco (S), Ostro (O), Libeccio (L), Ponente (P), Maestro (M). Studiosi autorevoli, quali il Breusing, il barnabita Bertelli ed altri. ritengono che le navi di Amalfi, dirette in oriente, si staccavano dalla costa al largo della Sicilia e navigavano per l'alto mare o, come si diceva allora, per pileggio. In considerazione della marineria e dei mari navigati è possibile individuare una etimologia dei venti della rosa, tenendo presente anche l'influenza degli arabi e la tradizione greco-romana.

Nell'antica Grecia furono proposte ed elaborate varie rose dei venti. Si va dai quattro venti di Omero (Borea, Euro, Noto, Zefiro) alla rosa a 12 venti di Aristotele e Timostene. I marinai preferivano però una rosa a otto venti che sono quelli incisi sulla Torre dei Venti in Atene. Essi sono, a partire dal nord ed in senso orario: Boreas, Kaikias, Apeliotes, Euros, Notos, Libs, Zephiros, Skiron. Anche i Romani adottarono rose dei venti diverse, per numero e per nomi; tuttavia Plinio ci ricorda che i marinai preferivano riferirsi alla rosa a otto venti, più pratica da usarsi. In tale rosa i venti sono: Septentrio, Aquilus, Solanus, Eurus, Austro, Africus, Favonius, Caurus. L'etimologia del nome dei venti è un esercizio molto interessante ma anche impegnativo; in alcuni casi i significati sono plurimi o incerti, come per lo Scirocco. Si deve anche considerare che l'evoluzione della "rosa dei venti" dipende non solo dall'intreccio degli usi dei vari popoli ma anche dal fatto che, spesso, le persone istruite hanno continuato ad usare i nomi classici accanto a quelli usati nelle attività pratiche. Ad esempio Septentrio indica la direzione del settentrione o nord e deriva da septem triones, vale a dire i sette buoi del Carro dell'Orsa (Maggiore o Minore o entrambe); ma Aulo Gellio sembra di parere diverso. Nella rosa italica il vento Greco, per quanto precisato, indica la direzione della Grecia; il libeccio può essere una corruzione dell'antico Libs e sta ad indicare l'Africa, chiamata una volta Libia. E così di seguito, altri significati emergono navigando nel mare insidioso dell'etimologia dei nomi dei venti.

Per venire al nostro vento, la Tramontana, l'unico di genere femminile, sembra avere meno problemi sul suo significato. Esso deriva da trans montes, ovvero vento che viene dai monti che in particolare ad Amalfi si trovano dalla parte di settentrione. Ma tra i monti alle spalle di Amalfi vi è anche un piccolo paese di nome Tramonti. Quindi, ivi, il vento da nord spira dalla direzione di Tramonti. In ogni caso il significato complessivo non cambia, sia se ci si riferisca alla direzione dei monti (che potrebbe essere anche un luogo diverso da Amalfi), sia se il riferimento sia Tramonti. Tramontana è il vento che spira da settentrione.

I naviganti, come i semplici pescatori o i contadini, hanno sempre osservato gli astri per orientarsi: il sole, ma anche le stelle. E così facevano i marinai del basso medioevo i quali vedevano che la Stella Maris, poi detta Stella Polare, appariva nella direzione del vento di Tramontana; tuttavia la Polare, specie dopo l'introduzione dell'ago magnetico, non costituiva il riferimento prevalente, esclusivo, per le loro traversate peraltro, in genere, non molto lunghe. I monti alti ed i venti guidavano la loro navigazione. Quindi la Polare non è molto presente nella pratica navigatoria del Mare Nostrum, se non come aspetto complementare, anche perché la latitudine aveva una limitata escursione ed il suo controllo non era una esigenza primaria.

L'OPERA STORICA DI DOM ENRIQUE O NAVEGADOR
Ma nell'Atlantico le cose cambiano. Già le galee delle Fiandre si spostavano molto in latitudine e quindi la Polare forniva utili indicazioni. Poi agli inizi del XV secolo inizia l'opera del principe Dom Enrique detto poi il Navigatore. Egli era il terzogenito di Giovanni I del Portogallo e di Filippa di Lancaster, la quale aveva avuto come poeta di corte Gioffrey Chaucer, autore anche di un trattato sull'astrolabio. Filippa trasmise ai figli un forte interesse per l'astrologia ed Enrico, libero da impegni dinastici, si dedicò ad una politica di scoperte delle coste africane, verso sud. Il suo impegno fu tenace, costante. I suoi marinai  furono stimolati a seguire rotte ritenute difficili e così scoprirono (o riscoprirono) Madera, le Azzorre; nel 1434 Gil Eanes, dopo un tentativo fallito, superò il temuto Capo Bojador in 26° N. Si aprivano nuove vie allettanti per i commerci, perché: "I mercanti  non navigano che là ove sanno che il profitto è sicuro", osservava con crudo realismo il cronista coevo Azurara. 

I naviganti sentirono la necessità di riferirsi in modo sistematico alla stella Polare, che veniva chiamata la Tramontana, come si legge, ad esempio, nei resoconti dei viaggi del giovane veneziano Alvise Cadamosto. Il navigatore Nuno Tristao, tra il 1441 e il 1446, compie 4 viaggi: raggiunge Capo Bianco (21° N), poi Capo Verde (15° N) e quindi la foce del fiume Gambia in 13.5° N. Le navigazioni a sud delle Canarie diventavano lunghe, oltre 1000 miglia nautiche, e la costa bassa e sabbiosa presentava non poche insidie, specie di notte. I marinai trovarono più utile navigare al largo controllando la latitudine con la Polare; quando questa scendeva al valore del luogo di destinazione mettevano la prua a levante e spelagavano, cioè atterravano. In gergo si usava la dizione "speronare la latitudine". Nel viaggio di ritorno, per evitare stressanti bordeggi per "risalire" l'aliseo di nordest, trovarono conveniente navigare di bolina, con l'aliseo a dritta, ingolfandosi nell'Atlantico fino a prendere i venti da ovest, i "westerlies", e quindi dirigere per levante e atterrare in vista del Capo San Vincenzo e Lagos. La latitudine veniva controllata riferendo la Polare ad oggetti come l'albero della nave, o le lance sistemate in posizione adeguata, o anche rapportandola alla figura di un uomo come ricorda ancora il mercante Alvise Cadamosto.

Ma la Polare è una stella di terza grandezza, quindi non è molto luminosa, per cui alle latitudini basse non era sempre visibile, specie con aria opaca. I naviganti, col calare delle latitudini, si trovavano sempre più spesso in condizioni di non poter osservare la Polare, la stella di Tramontana, cioè il mezzo, lo strumento per controllare la posizione, non solo la direzione ma anche la latitudine. Perdere la Tramontana alle basse latitudini significava quindi perdere il controllo della posizione che è qualcosa di più ampio, più consistente del semplice orientamento. In seguito il principe Giovanni, poi Re Joao II, istituì una giunta di esperti, la junta dei matematicos per elaborare delle tavole del sole che consentissero ai naviganti di controllare la posizione anche nell'emisfero sud. I componenti della giunta erano i due giudei convertiti o conversos, mestre José Vizinho e mestre Rodrigo, ed il licenciado Diogo Ortiz. 

IL DANTE NAUTICUS  ED IL DANTE-DIES  (DANTEDÌ)
Il mutare dell'aspetto della sfera celeste al variare della latitudine lungo le coste del west Africa era stato compreso bene dal nostro Dante che descrive il fenomeno in modo magistrale e come sempre unico, nella navigazione del suo Ulisse, nel XXVI canto dell'Inferno. Ulisse inizia il suo racconto dalla partenza dalla dimora di Circe e dice che il richiamo degli affetti familiari non poterono vincere il suo ardore di "divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore". No, non tornai alla mia Itaca "ma misi me per l'alto mare aperto". Essi navigano verso ponente e giungono alle Colonne d'Ercole. Qui Ulisse fa un sermone ai suoi e li incita a seguirlo per il mare aperto, dietro al sole che tramonta. Dovete osare, dice, perché "fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". Il dado è tratto, si va. Mettono la prua a ponente, con i remi che fanno ali alla nave, e vanno per il mare tenebroso, accostando sempre a sinistra. A mano a mano che scendono in latitudine muta l'aspetto del cielo. Si vedono nuove e più stelle dell'altro emisfero, l'australe, mentre il polo nord celeste si avvicina sempre più all'orizzonte fino a sparire:
Tutte le stelle già dell'altro polo
vedea la notte, e'l nostro tanto basso,
che non sorgea fuor del marin suolo.

Versi 127-129

Poi, dopo cinque lunazioni (mesi) di navigazione, in vista di un'alta, bruna montagna e quasi gioiosi per la meta raggiunta, la nave viene assalita da un turbine; per tre volte, colpita, essa ruota su se stessa e poi va a fondo, con "la poppa in suso e la prora ire in giù, come altrui piacque, infin che ‘l mar fu sopra noi rinchiuso". E così Ulisse espia i suoi peccati di fraudolento, nella severa morale di Dante. Una descrizione cosmografica perfetta. Nel XIII del Paradiso, versi 10-12, Dante ricorda poi che la Polare si trova nel polo nord celeste, in cima all'asse del mondo. Nel 1989, in agosto, ero in navigazione verso Santos, via Conacry e ripensavo a questi versi di Dante, mentre pian piano "si perdeva la Tramontana".