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14 marzo 2025, Aggiornato alle 18,16
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Nasce il fondo per le vittime della pirateria

International Transport Workers' Federation e Tk Foundation lanciano un fondo di solidarietà per i marittimi sequestrati dai pirati somali. Intanto gli armatori scrivono all'Onu e chiedono una forza militare internazionale


L'International Transport Workers' Federation (Itf) e il Tk Foundation lanciano il programma Maritime Piracy: a Humanitarian Response Programme (Mphrp), un fondo per aiutare i marittimi catturati dai pirati a superare i traumi fisici e psicologici del sequestro.
Sono circa 300 i membri di equipaggio delle navi tenuti in ostaggio dai pirati somali (fonte Associated Press). Negli ultimi otto anni si stima che 4mila lavoratori marittimi sono stati attaccati o sequestrati. Una vera e propria "emergenza pirateria" che ha così spinto Itf e Tk Foundation a finanziare la creazione del Mphrp. Il fondo nasce in seguito alle indagini sul rapimento in Kenya di Giuditta Tebbutt, una donna inglese coinvolta in un incidente in cui in cui il marito ha perso la vita. Le torture a cui sono sottoposti gli ostaggi sono varie e vanno dalle minacce di morte alla chiusura nella cella frigorifero. 
Roy Paul, direttore del Mphrp, ha commentato: «La maggior parte delle persone ancora non capiscono che il volto attuale della pirateria è molto diverso dal romanticismo dei "pirati dei Caraibi". Si tratta invece di veri e propri terroristi del mare: criminali duri, disperati e violenti. Intendiamo costituire una rete di primo soccorso ed ottenere assistenza psicosociale per gli equipaggi colpiti. Abbiamo già ascoltato i marittimi e registrato le loro esperienze. Ciò costituirà la base per nuove linee guida per i marittimi, per le famiglie e per i datori di lavoro, per insegnarne l'applicazione e per costruire i network di assistenza sociale e medica di cui c'è ora assoluta necessità». «La pirateria - ha dichiarato Peter Swift, ex managing director Intertanko, che presiede il fondo di solidarietà - sta raggiungendo un massimo storico sia per quanto riguarda il numero di incidenti sia per l'entità dei riscatti richiesti che, soprattutto, per l'estrema violenza utilizzata. Attualmente il trattamento riservato alle vittime supera sovente il confine che delimita la barbarie dalla tortura». 
Gli armatori scrivono all'Onu. Intanto Bimco, Ics/Isf, Intercargo e Intertanko, le associazioni che insieme raccolgono le principali compagnie armatoriali mondiali,  riunite nel Tavolo Internazionale delle Associazioni dello Shipping (Round Table of international shipping associations), invocano la costituzione di una forza militare delle Nazioni Unite da impiegare per contrastare la pirateria nell'Oceano Indiano.
In una lettera inviata al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, le associazioni hanno sollecitato l'adozione di una «nuova e coraggiosa strategia» per frenare l'escalation degli atti di pirateria che ha reso l'Oceano Indiano - hanno sottolineato - simile al "Wild West"».
 
Nella foto uno scorcio dell'IMB Piracy Map 2010