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22 novembre 2024, Aggiornato alle 09,11
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Politiche marittime

Napoli inaugura i dragaggi. Il porto progetta Darsena di Levante 2.0

L'escavo permetterà l'ultimazione del nuovo terminal container che l'Adsp vorrebbe ampliare ancora di più per renderne praticabile l'intermodalità


di Paolo Bosso

«Stiamo assistendo a un'accelerazione impressionante». Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, partecipando all'inaugurazione dei cantieri di dragaggio del porto di Napoli, non ha lesinato ottimismo - «oggi è un gran giorno» -, lodando il lavoro dell'Autorità di sistema portuale (Adsp) del Tirreno centrale - «Napoli è attualmente uno dei porti più vitali d'Italia». Gli fa eco il segretario dell'Adsp, Francesco Messineo, sottolineando come questa accelerazione è stata possibile grazie al lavoro di squadra dei funzionari dell'ente pubblico.

È successo che dopo decenni di attesa - e il rigetto del Tar ad una richiesta di sospensiva - sono partiti davvero i dragaggi al porto di Napoli, che dureranno, sulla carta, 14 mesi. Oltre un milione di metri cubi da escavare, pari a un volume contenuto in pressappoco 345 piscine olimpioniche. Costo, circa 45 milioni di euro, erogati dal "Grande progetto" Ue (POR 2014-2020), anche se su base d'asta la cifra è pari a 25 milioni. Inoltre, sono arrivate rassicurazioni dal governo sulla fattibilità della nuova stazione traghetti del Beverello e del Museo del mare nello storico edificio dei Magazzini Generali. «In linea di principio – spiega Delrio -, un finanziamento arriva quando il progetto è buono. In questo caso sono entrambi molto interessanti. Non posso che esser certo che le risorse arriveranno». Infine, si lavora al potenziamento della ferrovia Napoli-Bari per la prima volta attraverso un coordinamento protocollato tra i porti. «Con la Conferenza delle Adsp - spiega il presidente dei porti di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia, Pietro Spirito, riferendosi all'istituto nato a luglio - lavoriamo per la prima volta insieme alle altre authority, abbandonando una competizione distruttiva per cooperare competitivamente».

Dai dragaggi alla Darsena di Levante versione 1.0
Lavori di dragaggio che rappresentano l'ultimo tassello all'ultimazione di un'altra opera attesa da tempo: la Darsena di Levante, un terminal container con un'unica banchina (senza calate) da 660 metri lineari, 25 ettari di area a terra e una movimentazione (con condizioni di mercato e logistiche ottimali) calcolata in 800 mila teu annui. Il doppio rispetto ai 400 mila annuali di oggi movimentati in 15 ettari nei poli Conateco, Soteco e Flavio Gioia. Il cantiere di Levante attende proprio quel milione di metri cubi di sedimenti da riversare nella cassa di colmata per realizzare la superficie di terra dove piazzarci otto moderne gru "paceco" per scaricare/caricare le navi, realizzare uffici, gate, officine, etc. Ma prima ancora che nasca, c'è già una criticità. Così com'è, pur trattandosi di una darsena moderna, molto grande, è destinata a soffrire dei tipici problemi di collegamento interno, un Tallone d'Achille nazionale che si concretizza nell'enorme difficoltà intermodale di far circolare il container dalla nave al treno al camion. Allo stato attuale, a Napoli, con la nuova Darsena di Levante, la merce in entrata e uscita dovrebbe viaggiare in un delirio di interscambi: per passare dal terminal allo stazionamento portuale, da qui a Gianturco, infine da Gianturco alla rete nazionale. Un suicidio economico per qualunque gestore (a meno di ottenere ingenti finanziamenti/sgravi, magari con la Zona economica speciale, ma quanto durerebbe?). Si tratta di servire sì un bacino di 14 milioni di persone ma in un raggio di soli 250 chilometri e con un collo di bottiglia macroscopico alla fonte, rendendo il pratico spostamento in treno infinitamente meno competitivo del camion. Alle condizioni infrastrutturali attuali, l'intermodalità della Darsena di Levante si tradurrebbe in un «bagno di sangue» economico, come ha sintetizzato il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Qual è l'alternativa? 

Giocare al rialzo: Darsena di Levante 2.0
Giocare più in grande, "al rialzo", praticando un'intermodalità vera, razionalizzata, piuttosto che questa anarchia di interramenti, passaggi a livello e binari merci in centro città. L'Adsp campana, insieme a Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) e agli urbanisti del dipartimento "Alberto Calza Bini" della Federico II, sta studiando un percorso più semplice che baipassi Napoli Traccia, eviti il passaggio per Gianturco e si colleghi direttamente alla rete nazionale. «Con Rfi stiamo studiando tre ipotesi per interferire con le aree interne», spiega il presidente dell'Adsp tirrenica, Pietro Spirito. «Entro l'anno – continua - Rfi presenterà una proposta alla Regione Campania. Una soluzione modulare da adattare costantemente». Fortuna vuole che per realizzarlo ci sono tutte le condizioni: una stazione a pochi metri dalla Darsena, quella storica di San Giovanni a Teduccio, equipaggiabile con binari da 750 metri (record per un terminal portuale italiano). Ma per riattivare la stazione di San Giovanni si deve aggiungere un altro pezzo di banchina. Da qui l'idea di giocare "al rialzo": aggiungere un altro tombamento alla Darsena di Levante, triplicandone l'estensione (75 ettari) e raddoppiandone i metri lineari (1,200). C'è solo un intoppo: l'area da tombare è uno specchio d'acqua in concessione a Porto Fiorito, polo nautico il cui cantiere è iniziato nel 2011 ma è naufragato tra la "tassa Monti" sul possesso (che ha portato nel 2012 e 2013 alla fuga di una grossa fetta di yacht dall'Italia) e il business burocratico dei Siti di Interesse Nazionale. È in corso un contenziozo tra il concessionario e l'Adsp, con la prima che chiede i danni per la mancata realizzazione del porto turistico. «Andiamo verso la revoca della concessione ma prima c'è da risolvere questa vertenza», spiega Spirito. «Le richieste di risarcimento di Porto Fiorito – precisa - sono esorbitanti, stiamo cercando di ottenere una composizione bonaria». L'Adsp dà per scontato che l'esito sarà un risarcimento, perché effettivamente le responsabilità ricadono sullo Stato, sull'assenza di un piano di bonifica, sulle folli richieste ambientali (vedi "coefficiente K") del ministero dell'Ambiente. Solo allora, quando l'area di Porto Fiorito (pari a quasi un decimo del demanio) tornerà in mano all'Adsp, si potrà ulteriormente ampliare la Darsena di Levante, aggiungendo il tassello che le mancherà: l'intermodalità.