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21 aprile 2025, Aggiornato alle 18,23
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L'Italia dell'import, delle crociere e degli yacht di lusso

Il IV Rapporto dell'Economia del Mare realizzato da Federazione del Mare insieme al Censis ritrae un comparto marittimo che nonostante la crisi, i tagli e le flessioni, continua a mantenere la leadership in alcuni settori


Il cluster marittimo italiano si conferma uno dei settori più dinamici dell'economia italiana contribuendo al Pil nazionale per 39,5 miliardi di euro (2,6% di quello totale, e l'11% di quello dei trasporti) e dà occupazione a circa il 2% della forza lavoro del paese (477mila persone fra addetti diretti ed indotto).
Questi alcuni dei dati del IV Rapporto dell'Economia del Mare realizzato della Federazione del Mare assieme al Censis, presentato ieri a Roma presso la sede del Cnel.
I dati confermano il posizionamento dell'Italia al 1° posto in Europa per importazioni via mare, con 185,4 milioni di tonnellate di merce, ed al 3° per esportazioni, con 47 milioni di tonnellate. Il nostro paese mantiene poi la leadership anche nel traffico crocieristico (con 6,7 milioni di passeggeri), e nella costruzione di navi passeggeri e motor-yacht di lusso.
In termini di contributo al Pil, dopo i trasporti marittimi si collocano le attività di logistica portuale e ausiliarie ai trasporti (6,7 miliardi di euro di contributo), la pesca (4,4 miliardi), la cantieristica navale (4,3 miliardi) e la nautica da diporto (3,3 miliardi).
 
Il mercato e il 2010-2011. I dati del 2009 indicano come il valore della produzione per le sole attività di mercato sia pari a 34,9 miliardi di euro (incluse le spese dei turisti), a cui si aggiungono 4,5 miliardi di euro dei settori istituzionali. Sulla base dei dati disponibili ad oggi si può stimare che nel 2010 il valore del cluster marittimo si sia collocato fra i 38 e 39,7 miliardi di euro. I dati a disposizione indicano uno scenario per il 2011 di crescita contenuta, per poi riprendere a svilupparsi nuovamente nel 2012.
«I dati del Censis dimostrano chiaramente che il cluster marittimo italiano costituisce un campo di eccellenza del paese - ha commentato il presidente della Federazione del Mare Paolo d'Amico  - come tutti, abbiamo subito gli effetti della crisi iniziata nel 2008, fra cui il crollo dei noli e il calo del fatturato, ma abbiamo dimostrato una forte capacità di reazione. Un aspetto che tengo a sottolineare - continua d'Amico – è che il sistema marittimo ha mantenuto negli ultimi anni il proprio peso, grazie ad un processo di riforma che ha reso competitive le sue componenti rispetto ai concorrenti esteri. Dopo la riforma della navigazione mercantile internazionale del 1998 sono stati investiti oltre 35 miliardi di euro nella costruzione di nuove unità navali, che hanno portato la flotta italiana a raddoppiare diventando così tra le principali al mondo, con posizioni di assoluto rilievo nei settori più sofisticati come quelli delle unità ro-ro e delle navi da crociera.  Anche la riforma dei porti del '94, pur oggi bisognosa di ammodernamento,  è stata importante, avendo reso possibile all'Italia di qualificarsi in Europa come primo importatore ed esportatore via mare e prima meta per i passeggeri e viaggiatori delle navi da crociera. Oggi, in virtù di nuovi scenari di mercato - ha concluso il presidente FederMare – chiediamo una rinnovata sensibilità a tutte le istituzioni,  in modo da procedere speditamente su alcune delle necessità strategiche per la competitività del settore: fra di esse voglio sottolineare il mantenimento della normativa italiana ed europea sulla competitività della bandiera marittima, il collegamento dei nostri scali con le reti di trasporto terrestre, l'adeguamento dei fondali e la semplificazione di diverse procedure amministrative e fiscali».
Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, ribadisce la necessita di migliorare la «capacità dei propri nodi logistici di captare flussi commerciali in constante crescita» come «la sponda Sud del Mediterraneo, dove si colloca il 40% degli scambi da e per l'Italia, l'area Balcano-adriatica e quella del Golfo».  
 
Forza lavoro. Il rapporto rileva poi come la componente con il più alto numero di unità di lavoro dirette sia la pesca, con più di 59.000 addetti (pesca marittima, attività di allevamento la piscicoltura) seguita dai trasporti marittimi (con più di 35.300 unità di lavoro a bordo e altre 7.100 a terra), dalle attività ausiliarie e di logistica portuale (31.874 unità), e poi dalla nautica da diporto (22.300 unità) e dalla cantieristica navale (11.800 unità). A queste poi devono aggiungersi altre 260mila unità di lavoro occupate nell'attività dell'indotto a monte e a valle.
 
Le prospettive. Dopo una contrazione molto marcata delle attività registrata nel 2009, già nel 2010 si è registrata un'incoraggiante ripresa dei livelli di traffico merci, sebbene permangono delle criticità che freneranno lo sviluppo, come la persistenza sul mercato internazionale di un forte avanzo di stiva (un eccesso di offerta di servizi di trasporto rispetto alla domanda) ed un valore dei noli che resta ampiamente al di sotto dei livelli precedenti alla crisi. 
Nel primo semestre del 2010 sono tornati a crescere i traffici italiani di rinfuse solide (+25,4% in termini tendenziali) e quelle di general cargo (+5,5%), mentre risulta in flessione ancora (-2,3%) il traffico di  container, in quanto alla fase di rallentamento determinata dalla crisi si è aggiunta la progressiva difficoltà di competere con i principali porti nordafricani, generalmente in grado di offrire prezzi medi più contenuti rispetto all'Italia, maggiori spazi per il deposito ed il trattamento delle merci, procedure burocratiche e servizi di assistenza alle merci più rapidi. 
 
I principali mercati di riferimento. Al primo posto si collocano i paesi del Nord Africa e del Mediterraneo orientale (Algeria, Egitto, Israele, Libano, Libia, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia), area con la quale l'Italia effettua il 40,6% degli interscambi (in termini di tonnellaggio) di merci via mare, in crescita fino al 2008 e poi in flessione. Al secondo posto si pone l'Europa dell'Est (Bulgaria, Georgia, Ucraina,Romania, Russia), area in cui si colloca il 15,3% dei flussi di merci da e per l'Italia, in flessione negli ultimi anni. Al terzo posto si collocano i paesi dell'Europa mediterranea (Francia, Gibilterra, Grecia, Malta, Cipro, Spagna e Portogallo), che coprono il 14% degli interscambi marittimi con l'Italia, in forte incremento fino al 2008, poi ridimensionati dalla fase di crisi economica. Vi è poi un'ulteriore area, ovvero quella dei Balcani (Albania, Croazia, Serbia, Montenegro, Slovenia), con volumi ancora poco significativi ma in rapida crescita sia prima che durante la fase di crisi. Ed un'ulteriore area rappresentata dalla Cina e Hong Kong, con una crescita esponenziale dei traffici in entrata ed uscita dall'Italia, prima e durante la crisi economica, con un volume degli interscambi marittimi pari al 2,8% del totale, ma destinati ad aumentare considerevolmente nell'immediato futuro.