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23 aprile 2025, Aggiornato alle 18,29
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Infrastrutture

L'Ilva chiude? Per il porto di Taranto è crisi

Il fermo imposto allo stabilimeto siderurgico comporta la riduzione di oltre il 60 per cento del traffico merci dello scalo pugliese. Il presidente dell'Ap, Segio Prete, spiega che sarà necessario "rimodulare i piani di sviluppo"


Basta sapere che l'Ilva muove oltre il 60 per cento delle merci del porto di Taranto, per capire come lo stop imposto allo stabilimento siderurgico stia comportando (conseguenza diretta e immediata) il brusco rallentamento delle attività dello scalo pugliese. 
E le ultime dichiarazioni sull'argomento del ministro per lo Sviluppo Economico, Corrado Passera, non sono certo rassicuranti: "Il costo di una eventuale chiusura dell'Ilva di Taranto – ha detto il ministro - avrebbe un impatto negativo che è stato valutato attorno a oltre otto miliardi di euro annui imputabile per circa sei miliardi alla crescita delle importazioni, per 1,2 miliardi al sostegno al reddito e ai minori introiti per l'amministrazione pubblica e per circa 500 milioni in termini di minore capacità di spesa per il territorio direttamente interessato".
Fino a poco tempo fa le navi di minerali sono regolarmente arrivate, spiega Sergio Prete, presidente dell'Autorità portuale tarantina, "ma se non dovessero arrivarne più nel futuro, ed è il blocco quello che infatti temiamo per il momento, la diminuzione inciderà. Vogliamo parlare con i sindacati e i vertici dell'azienda, perché in base a quello che deciderà l'Ilva, l'autorità portuale dovrà rimodulare i propri piani di sviluppo". La soluzione prospettata dal numero uno dell'Ap è quella di equilibrare l'incidenza dell'acciaieria sui traffici creando una serie di alternative che in qualche modo "compensino o facciano scendere la percentuale di movimentazione dell'Ilva in maniera tale da spalmare il rischio su più clienti e più tipologie di traffico".