Altro che Europa. Le speranze di crescita economica per la Campania risiedono piuttosto in America settentrionale e meridionale, in Asia e nell'Area Med. In particolare, si prevede che l'export campano consolidi nel medio periodo la sua posizione sul mercato d'Oltreoceano nei comparti di eccellenza del made in Italy, dell'agroindustria e del tessile di alta gamma, nonché dell'industria dei mezzi di trasporto. In Asia e Area Med sono invece destinate a incrementarsi le quote di mercato di settori tecnologicamente avanzati come aeronautico e automotive, oltre che della stessa agroindustria, il comparto che più di ogni altro appare avere prospettive di crescita generalizzata nelle aree extra Ue. Per tradurre in numeri questa tendenza, basta dare uno sguardo ai dati dell'ultimo quinquennio, durante il quale l'export regionale verso Paesi europei ha fatto registrare un triste -2,7%, mentre sugli altri mercati le cose sono andate ben diversamente, con un +33,5% nel continente americano, e un +51% in Asia e nell'area del Mediterraneo.
Tutti questi dati sono stati forniti da uno studio di Srm – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, illustrato nel corso del seminario "Crescere con l'internazionalizzazione", svoltosi presso l'Unione Industriali di Napoli.
Una ricerca che mette in luce come, nonostante le difficoltà nel contesto economico internazionale, tiene il valore economico del prodotto interno lordo e la Campania è ben posizionata nel contesto europeo, con il Pil, che al 2011, è pari a 96.898,12 milioni di euro; valore superiore, ad esempio, all' economia di uno stato europeo come la Slovacchia (circa 74 milioni). In uno scenario caratterizzato dal calo dei consumi interni e, dunque, da una domanda interna calante le prospettive di sviluppo vengono dall'export. Gli scambi con l'estero continuano a mostrare andamenti positivi ed il peso dell'interscambio commerciale - al netto dei prodotti petroliferi - sul Pil è, in Campania, pari al 21,8% superiore al dato Meridionale (16,2%) anche se di molto inferiore al dato italiano (41,6%). E' in questo potenziale ancora inespresso che si gioca il futuro della regione: secondo le indagini previsionali si conferma che il ruolo delle esportazioni come sostegno al Pil regionale e nazionale continuerà, nel periodo 2013-15, ad aumentare a ritmi elevati anche rispetto al periodo precedente.
Una crescita senza freni? Non proprio. Rimangono, infatti, seri limiti strutturali che impediscono attualmente all'economia campana di raggiungere quantomeno i livelli medi nazionali. C'è prima di tutto il problema dimensionale delle realtà produttive della regione. In termini di numerosità, in Campania si contano al 2010, grazie ai recenti dati resi pubblici dall'Istat, 342.236 imprese (27,5% delle imprese meridionali) con una dimensione media di 3,01 addetti; valore in linea con il Mezzogiorno (2,96 addetti) e inferiore all'Italia (3,88 addetti). E l'incertezza condiziona anche l'innovazione. Rispetto alla classe dimensionale, le PMI mostrano una minore attenzione (e forza economica) all'innovazione. Oltre il 50% delle PMI campane dichiara, infatti, di non riuscire ad investire in innovazione.
Ma forse le opportunità di sviluppo extraeuropee potrebbero innescare anche un meccanismo virtuoso di riorganizzazione del tessuto produttivo, tanto da renderlo più competitivo. Ne è convinto il direttore generale di Srm, Massimo Deandreis, secondo il quale "il confronto tra tendenze delle imprese e aree di sbocco è fondamentale per contribuire alla pianificazione strategica delle iniziative, superando frammentarietà ed episodicità delle relazioni extra confine".
E per supportare le Pmi che operano con l'estero o intendono cominciare a farlo, il Presidente del Gruppo Piccola Industria dell'Unione, Paolo Minucci Bencivenga, illustra nel corso dell'incontro il programma dei prossimi "seminari informativi, incontri specifici sui mercati internazionali e Desk aperti presso l'Unione Industriali di Napoli con la presenza di Specialisti Trade Estero del Banco di Napoli". Mentre Michele Di Gennaro, direttore di Area di Napoli e provincia del Banco di Napoli, assicura che l'istituto è deciso a "sostenere il patrimonio produttivo locale con tutti gli strumenti, non solo finanziari, di cui disponiamo e ad aiutare quelle imprese che guardano con attenzione le opportunità offerte dai nuovi mercati mondiali".
Tutti questi dati sono stati forniti da uno studio di Srm – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, illustrato nel corso del seminario "Crescere con l'internazionalizzazione", svoltosi presso l'Unione Industriali di Napoli.
Una ricerca che mette in luce come, nonostante le difficoltà nel contesto economico internazionale, tiene il valore economico del prodotto interno lordo e la Campania è ben posizionata nel contesto europeo, con il Pil, che al 2011, è pari a 96.898,12 milioni di euro; valore superiore, ad esempio, all' economia di uno stato europeo come la Slovacchia (circa 74 milioni). In uno scenario caratterizzato dal calo dei consumi interni e, dunque, da una domanda interna calante le prospettive di sviluppo vengono dall'export. Gli scambi con l'estero continuano a mostrare andamenti positivi ed il peso dell'interscambio commerciale - al netto dei prodotti petroliferi - sul Pil è, in Campania, pari al 21,8% superiore al dato Meridionale (16,2%) anche se di molto inferiore al dato italiano (41,6%). E' in questo potenziale ancora inespresso che si gioca il futuro della regione: secondo le indagini previsionali si conferma che il ruolo delle esportazioni come sostegno al Pil regionale e nazionale continuerà, nel periodo 2013-15, ad aumentare a ritmi elevati anche rispetto al periodo precedente.
Una crescita senza freni? Non proprio. Rimangono, infatti, seri limiti strutturali che impediscono attualmente all'economia campana di raggiungere quantomeno i livelli medi nazionali. C'è prima di tutto il problema dimensionale delle realtà produttive della regione. In termini di numerosità, in Campania si contano al 2010, grazie ai recenti dati resi pubblici dall'Istat, 342.236 imprese (27,5% delle imprese meridionali) con una dimensione media di 3,01 addetti; valore in linea con il Mezzogiorno (2,96 addetti) e inferiore all'Italia (3,88 addetti). E l'incertezza condiziona anche l'innovazione. Rispetto alla classe dimensionale, le PMI mostrano una minore attenzione (e forza economica) all'innovazione. Oltre il 50% delle PMI campane dichiara, infatti, di non riuscire ad investire in innovazione.
Ma forse le opportunità di sviluppo extraeuropee potrebbero innescare anche un meccanismo virtuoso di riorganizzazione del tessuto produttivo, tanto da renderlo più competitivo. Ne è convinto il direttore generale di Srm, Massimo Deandreis, secondo il quale "il confronto tra tendenze delle imprese e aree di sbocco è fondamentale per contribuire alla pianificazione strategica delle iniziative, superando frammentarietà ed episodicità delle relazioni extra confine".
E per supportare le Pmi che operano con l'estero o intendono cominciare a farlo, il Presidente del Gruppo Piccola Industria dell'Unione, Paolo Minucci Bencivenga, illustra nel corso dell'incontro il programma dei prossimi "seminari informativi, incontri specifici sui mercati internazionali e Desk aperti presso l'Unione Industriali di Napoli con la presenza di Specialisti Trade Estero del Banco di Napoli". Mentre Michele Di Gennaro, direttore di Area di Napoli e provincia del Banco di Napoli, assicura che l'istituto è deciso a "sostenere il patrimonio produttivo locale con tutti gli strumenti, non solo finanziari, di cui disponiamo e ad aiutare quelle imprese che guardano con attenzione le opportunità offerte dai nuovi mercati mondiali".