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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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Politiche marittime

La Grande Muraglia si allunga nel Pacifico

La Cina costruisce isole artificiali per dominare le acque contese ricche di risorse


Prima c'erano solo quattro scogli dimenticati che affioravano con la bassa marea. Ora dal satellite è ben visibile una struttura in cemento di 75mila metri quadrati con due moli, una pista per elicotteri, una costruzione quadrata con torri ai quattro angoli che possono ospitare postazioni antiaeree o radar. L'isola nata (quasi) dal nulla si chiama Gaven Reef e si trova al centro delle Spratly, nel Mar Cinese Meridionale.

 

L'anonimo atollo è stato trasformato in pochi mesi in una base militare fortificata su cui sventola la bandiera cinese. Gaven, racconta Giudo Santevecchi sul Corriere della Sera, ha tre sorelle: Hughes Reefs, Johnson Reef e Fiery Cross, tutte della stessa forma e dimensioni, con uguali installazioni in fase avanzata di preparazione. E tutte costruite dai cinesi. Sono circa a 210 miglia dalle Filippine e a 660 dalla costa della Cina. «È una campagna metodica, pianificata per costituire una catena di fortezze con capacità navale e aerea al centro delle Spratly», ha detto alla Cnn James Hardy, direttore di Jane's per l'Asia Pacifico.

 

Il sistema di costruzione appare standardizzato, la ricognizione ha segnalato una draga della marina cinese in zona a partire dal 2013. I lavori cominciano con una prima piattaforma che poi viene allargata producendo il cemento da impianti allestiti sulla base. Il risultato, scrive Santevecchi, è una sorta di Grande Muraglia in mezzo alle Spratly. L'arcipelago, rivendicato da Manila e Pechino, è conteso anche da Brunei, Malaysia, Taiwan e Vietnam. Le Filippine hanno portato la questione davanti a un tribunale dell'Onu chiedendo l'arbitrato internazionale, ma la Cina ha rifiutato di partecipare.

 

Pechino va avanti con la politica del fatto compiuto, spiega il corrispondente dalla Cina del Corsera. In gioco non c'è solo la rivendicazione nazionale delle Spratly, ma forse il controllo delle rotte nel Mar Cinese Meridionale lungo le quali passano linee di approvvigionamento vitali anche per Sud Corea e Giappone. Metà del traffico mercantile mondiale naviga in zona; quasi un terzo del greggio e metà del gas liquido percorrono quella via oceanica; i fondali sono ricchi di giacimenti petroliferi e le acque sfruttate per la pesca. E la Cina, oltre alle Spratly, scrive Santevecchi, rivendica con aggressività il 90 per cento dei 3,5 milioni di chilometri quadrati di quel mare.

 

Nel settembre dello scorso anno, anche BBC News ha svolto un'inchiesta sull'espansionismo cinese sull'Oceano Pacifico. In "China's Island Factory" il giornalista Rupert Wingfield-Hayes ha descritto e documentato fotograficamente questa nuova forma di colonizzazione, ricordando che "nel 2012 il Partito Comunista ha riclassificato il Mar Cinese Meridionale come un 'interesse nazionale centrale', mettendolo accanto a questioni delicate come Taiwan e il Tibet. Significa che la Cina è pronta a lottare per difenderlo".