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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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La crisi è dura ma lo shipping guarda avanti

Tra noli in ripresa e disarmi ai minimi il 2010 fa ben sperare. Dal palco dell'assemblea Federagenti si delineano le mosse future. Avanti senza autonomia finanziaria


Il 2009 è stato l'anno della crisi più dura per lo shipping, ma anche quello in cui è stata dimostrata la sua solidità. E' l'opinione di Filippo Gallo, presidente Federagenti, che dal palco della 61° assemblea annuale degli agenti marittimi, tenutasi a Lecce, ha riassunto gli avvenimenti di questi ultimi mesi. «Il 2009 passerà alla storia dello shipping come un anno tra i più difficili dell'epoca  moderna con i bilanci di tutti gli armatori e delle compagnie di linea in profondo rosso e con il blocco sostanziale degli ordini per nuove costruzioni ai cantieri navali. Ma l'industria ha dimostrato di avere una straordinaria solidità, che le ha permesso di superare una congiuntura così negativa limitando al minimo le perdite». 
 
La crisi. Secondo Gallo «la crisi è stata il riflesso a livello globale dell'economia dei paesi economicamente più sviluppati con  conseguenza del tracollo del commercio che ha interessato le materie prime, dalle commodities ai prodotti petroliferi fino ai prodotti finiti, a conseguenza del calo dei consumi e lo shipping, gravato da un order-book eccessivo, sostenuto da speculazioni finanziarie e dalla comparsa improvvisa di operatori non professionisti, ha subito queste circostanze negative con pesanti ripercussioni sulla stabilità economica di alcuni settori armatoriali. Per fortuna i danni sono stati limitati, grazie alla solidità dei fondamentali sui quali il nostro settore si è sempre basato».
Il bilancio del traffico marittimo mondiale 2009 ha visto movimentati 7,8 miliardi di tonnellate, il 4,5% in meno rispetto al volume record di 8,2 miliardi di tonnellate raggiunto nel 2008 ed una contrazione dei beni di consumo che ha determinato la flessione dei traffici containerizzati, scesi in un anno del 9% da 1,3 a 1,2 miliardi di tonnellate. Quest'ultima tipologia di traffico supererà quest'anno la barriera dei 126 milioni di teu, per arrivare nel 2011 a 134 milioni di teu. I noli sono in aumento, lo conferma anche il presidente Confitarma Paolo d'Amico: «Già negli ultimi mesi del 2009 – spiega - c'è stata una crescita per le navi bulk e gasiere mentre per le navi petroliere si è registrata una crescita più contenuta».
 
Avanti senza autonomia finanziaria. Ma i problemi non mancano, soprattutto in Italia dove, secondo Gallo, c'è la «cronica assenza di un efficiente sistema logistico» che una riforma della legge 84/94 contribuirebbe a risolvere. L'autonomia finanziaria resta un miraggio, soprattutto dopo l'ultimo taglio di 25 miliardi di euro da parte del governo. Per cui si riparte dall'Europa, con le sue linee guida fissate alcuni anni fa. «Tutto questo rende necessario ed urgente un ripensamento della politica economica nel settore per riportare al centro dell'attenzione del governo il mondo marittimo e portuale» ha detto d'Amico. Secondo il presidente degli armatori per evitare il perpetuarsi del vecchio sistema dei finanziamenti a pioggia a troppi porti, che ha di fatto compromesso la competitività dell'intero sistema, occorre che a ciascuna autorità portuale «venga attribuita la facoltà di disporre di strumenti finanziari adeguati dei quali dovrà assumere la piena responsabilità contabile». «Il percorso più trasparente – spiega Gallo - deve essere quello del ‘pay per use', con il conseguente abbattimento dei costi collaterali che determinano la scelta di altri porti europei da parte della merce: un sistema semplice, basato su una forma giuridica più moderna delle autorità portuali, che comporterebbe di conseguenza il federalismo fiscale più oggettivo consentendo ai porti che sapranno sviluppare maggiori traffici di incassare di più di investire di più ed attrarre investimenti privati dai grandi gruppi sia italiani che internazionali».