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22 aprile 2025, Aggiornato alle 14,49
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Il nuovo business delle rotte polari. Ma l'ecosistema è a rischio

Nel 2008 sono transitate lungo le vie di mare artiche 200 navi. Quest'anno se ne prevedono almeno 660, con tempi di percorrenza e spese tagliati di un terzo rispetto ai percorsi tradizionali


I ghiacci dei poli si assottigliano a causa dell'innalzamento della temperatura globale. Un fenomeno dagli sviluppi preoccupanti, ma che tuttavia molti operatori del settore marittimo considerano una buona occasione di business. Ogni estate, infatti, si aprono nuove rotte praticabili nell'Artico. Dove fino a poco prima c'era solo un'infinita distesa di bianco, ora transitano i mercantili: duecento navi nel 2008, saranno almeno 660 quest'anno. I vantaggi per gli armatori sono evidenti. Ad esempio, un cargo che dall'Europa occidentale deve raggiungere l'Asia orientale, di norma passa attraverso il canale di Suez e l'oceano Indiano. Tempo di percorrenza: quindici giorni circa. Invece, la scorciatoia attraverso la "Nortehern Sea Route", il passaggio che connette il Mare del Nord con l'oceano Pacifico attraverso lo stretto di Bering, richiede sì e no dieci giorni. L'itinerario e le spese vengono quindi tagliati di un terzo. In più, non si corre il rischio di incontrare i pirati. I primi a sfruttare le nuove vie di mare sono stati i russi con tankers carichi di gas naturale diretti in Cina. Ma le rotte del circolo polare artico fanno gola alla compagnie di tutto il mondo. Uno studio americano riportato da Sette, il settimanale del Corriere della Sera, ha stimato che il trasporto cargo passerà dagli 1,8 milioni di tonnellate nel 2010 a 64 milioni nel 2020. Un incremento straordinario che potrebbe avere sull'ambiente conseguenze imprevedibili: maggior inquinamento dell'aria, rilascio di Co2, possibili perdite di combustibili. Alcuni scienziati parlano inoltre di "rischio biologico" a causa dei microrganismi trasportati dalle chiglie delle navi, che spesso potrebbero risultare nocivi per il delicato ecosistema polare.