di Marco Molino
Basta carezzare uno scalmo per sentirne le vitali vibrazioni, proprio lì dove il remo irrequieto ha levigato il metallo. Quanta fatica e sudore, speranza e determinazione, quante esperienze sono sedimentate anche solo nel cilindro di uno scalmo. Nel ferro e nel legno di una vecchia barca si mescolano le storie di chi ha navigato per pescare e commerciare, o semplicemente perché ama il mare. C'è la misteriosa alchimia da trovare per intendersi col vento e con le stelle, c'è il ventre protettivo della Madre Blu che talvolta diventa una trappola. E ci sono i tanti mestieri che nei secoli hanno reso possibile questo rapporto complesso. Lavori, usanze, stili di vita magari smarriti nel tempo, travolti dal progresso tecnologico.
Alessandro Maruccia, pare quasi che certi metodi di naviganti e artigiani del mare siano ormai preistoria, riti arcaici che non hanno più nulla in comune con noi. Eppure le nostre conoscenze evolvono sulle radici di quel sapere antico. Cosa dobbiamo fare per riscoprirlo?
«A mio avviso, dobbiamo non dico abbandonare le "mode" ma quanto meno prenderne le distanze senza subirle dandole per scontate, in generale ed anche nella nautica. Spesso diventa sempre più difficile capire se il mercato va incontro ai consumatori o se i consumatori sono influenzati dal mercato. Cosi ci ritroviamo dinnanzi a beni pensati e realizzati per piacere piuttosto che fatti per funzionare al meglio. E se un divano è bello ed attraente, ma risulta ergonomicamente scomodo, il "peccato" potrebbe ritenersi anche veniale, ma quando una dinamica del genere interessa una barca, allora la questione dovrebbe far riflettere.
Un piccolissimo esempio: se sulle barche sino ad un ventennio fa, mobili e tavoli, erano dotati di sponde alte, scomode per certi versi e se vogliamo anche antiestetiche, ma capaci, in navigazione, di arrestare la caduta di oggetti voluminosi come bicchieri o binocoli, sulle barche moderne, le sponde di contenimento sono sparite, o nel migliore dei casi si sono rimpicciolite e sono capaci di arrestare al massimo un accendino o un cellulare. Il concetto di bellezza in questo caso è direttamente collegato alla esigenza/competenza del fruitore, che in questo caso dovrebbe essere un Marinaio, così, un buon marinaio, entrando in una barca e vedendo delle sponde alte, ritenute oggi a quanto pare brutte, non potrebbe che dire: "guarda che belle sponde". Quindi, cosa dobbiamo fare per riscoprire quel sapere antico perduto? Beh, per cominciare sarebbe opportuno ristabilire quel contatto diretto e fiduciario tra costruttore, artigiano, maestro e fruitore finale; parlandosi, scambiandosi punti di vista ed idee, quelle sponde rimarrebbero alte e belle. Credo sia proprio questo tipo di rapporto basato su umiltà e competenza tra i vari attori che abbia portato nella storia degli uomini i risultati più grandi».
Un uomo con la sua barca tra le onde. L'incontro con gli elementi senza mediazioni e fuori dal tempo. Un'asciutta semplicità che sollecita pensieri limpidi, una conoscenza profonda del proprio patrimonio culturale. Navigando conosciamo meglio noi stessi e il nostro passato?
«La domanda stimola ad una risposta che spazia contemporaneamente tra gli aspetti introspettivi di un uomo e quelli pratici della sua vita stessa. Il mare, vissuto da marinaio, con la sua barca, è per forza di cose un grande maestro ed educatore, ti insegna a ragionare per priorità, e spesso non c'è spazio per fronzoli o per il superfluo, insegna ad osservarti oggettivamente, a capire le tue forze ed i tuoi limiti, ed al tempo stesso a non far troppo affidamento sulle prime e a lavorare sui secondi, ti stimola a crescere, ti insegna la pazienza e l'umiltà. L'elemento, enormemente più grande di te, ti impone un approccio saggio ed adulto. Saggio è il ritenersi sempre tra i banchi di scuola e dare del lei al Maestro, saggio è studiare, imparare la lezione e non dimenticarla, saggio è imparare dai propri errori ed esperienze nonché da quelle degli altri, la sete e la necessità di informazioni è troppo grande per potersi permettere di trascurare quello che altri hanno imparato a loro volta, e spesso a proprie spese; ecco che tutto questo si riassume in qualcosa che va oltre il concetto di tempo, non c'è soluzione di continuità tra passato, presente e futuro, così, si materializza il concetto di "Patrimonio Culturale, una dimensione dove le tue azioni, quelle di chi c'era prima e quelle di chi ci sarà si mescolano per evolversi e trasformarsi continuamente.
Da appassionato di mare e navigazione sono sempre stato attratto dai naviganti che ci hanno preceduto e che hanno viaggiato con quei velieri antichi che si spostavano allora come ora con il vento, ma senza poterlo risalire, perché le loro barche navigavano solo alle portanti, non risalivano, non potevano fare la bolina, il concetto stesso di bolina non esisteva; e mi sono sempre chiesto: ma come facevano prima a navigare? Eppure andavano ovunque fosse utile e necessario andare! Cosi "il vento", mi ha portato a navigare con Salina, una tartana armata con armo aurico e a fondo quasi piatto, Salina non conosceva la bolina, e così, restaurata e mollato gli ormeggi per lunghe navigazioni, ho pensato: capirò meglio come facevano, imparerò a navigare come un tempo. In realtà Salina aveva anche il motore, e quante volte l'ho dovuto accendere! L'esperienza con Salina non mi ha tolto tutti i dubbi, ma di sicuro mi ha insegnato, ancora una volta, il rispetto che bisogna avere per chi ci ha preceduto, siamo uomini del nostro tempo e non è necessario navigare oggi come i nostri antenati, ma essere consapevoli della loro forza, tenacia, pazienza e coraggio, ci può aiutare a superare meglio le difficoltà ed i sacrifici che ci chiedono i tempi moderni».
In Italia ci sono ormai diversi musei del mare e delle tradizioni marinare. Utili contenitori di memoria che promuovono conoscenza. Ma certi saperi hanno bisogno di essere costantemente messi in pratica per contrastare l'oblio. Come possiamo adoperarci per renderli parte attiva della nostra vita anche nel terzo
millennio?
«La risposta è nella domanda stessa: i musei sono sicuramente dei veri e propri luoghi di culto necessari ed indispensabili, li conosciamo però in forma quasi esclusivamente statica, per lo più esposizioni da visitare ed osservare. Nel terzo millennio, potrebbe e dovrebbe evolvere, almeno in alcuni casi, il concetto di museo. Se realizzassimo un museo di dolci, un conto è vedere esposti dei bellissimi o stranissimi dolci del passato, altra cosa sarebbe poterli assaggiare e percepirne il gusto, magari prepararli, così da poter accontentare tutti e cinque i sensi e non solo quello della vista. Cosi anche nell'ambito di un museo del mare o della marineria, vi è spazio ed una esigenza enorme di accontentare i cinque sensi, la marineria è fatta di forme, materiali, odori, atmosfere e così via che sarebbe assolutamente fantastico poter vivere e toccare con mano. Come Fondazione dal Mare, nel nostro piccolo, stiamo lavorando ad un nuovo progetto che va proprio in tale senso, non posso ancora essere più preciso, ma l'obbiettivo è proprio quello di rendere più partecipe e coinvolto il fruitore che si avvicina alle tradizioni marinaresche ed all'aspetto museale e della conservazione ad esse legate. La conoscenza pratica è sicuramente più coinvolgente, interessante, divertente ed istruttiva rispetto alla conoscenza teorica e nozionistica, quindi la strada sicuramente è quella che passa dai laboratori alla pratica vera e propria, una strada che ti lasci dentro l'informazione attraverso una esperienza diretta piuttosto che attraverso una contemplazione o una lettura, almeno nei limiti e negli ambiti ove questo sia possibile».
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Alessandro Maruccia, classe 73, quando non naviga vive a Taranto. È istruttore federale vela e wind surf dal 1993 ed Ufficiale di Navigazione del Diporto. Appassionato navigatore. Dal 2000 opera nel settore del Charter nautico come comandante su unità a vela e a motore. Presidente e fondatore della "Fondazione dal Mare" che dal 2010 si occupa principalmente di progetti per la rivalutazione, promozione e sviluppo delle attività veliche e della cultura marinaresca. Ha seguito il restauro di diverse barche tra cui Salina, una Tartana (riproduzione di barche da lavoro del 1700), con la quale ha effettuato lunghe navigazioni. oggi Comandante di Sunny Daniele, una sisterboat del mitico Joshua del famoso navigatore francese Bernard Moitessier