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14 marzo 2025, Aggiornato alle 18,16
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Cultura

I marittimi delle petroliere sono i più felici

I più stressati quelli che lavorano sui traghetti. L'ultimo rapporto di Mission of Seafarer mette nero su bianco le preoccupazioni di bordo: salario, tempi di congedo e indistinzione dei ruoli


di Paolo Bosso

I servizi alla clientela sono stressanti, i rapporti col pubblico conflittuali e bisogna essere sempre gentili. Non sorprende quindi che i marittimi più felici siano quelli più solitari, a bordo delle pure navi mercantili, piuttosto che quelli che lavorano a bordo delle navi da crociera o sui traghetti. Lavori regolari, con responsabilità maggiori, da un lato; ritmi imprevedibili, condizionamento del pubblico e responsabilità minori, dall'altro. I più sereni di tutti, e di gran lunga, sono quelli a bordo della petroliere. Comunque sia, però, nessuno se la passa bene. Parecchi devono vedersela con il ritardo nei pagamenti, tutti hanno a che fare con congedi a terra sempre più stringenti, più in generale con l'indistinzione tra il tempo del congedo e quello impiegato a bordo, e in alcune situazioni i marittimi sono spinti a offrire un servizio da personale di terra, tradizionalmente distinto, cosa che porta a un maggiore stress.

L'ultimo Seafarers Happiness Index, rapporto trimestrale dell'antica società missionaria anglicana Mission to Seafarer (già Bristol Channel Mission, fondata nel 1836) che ha coinvolto un campione di circa duemila marittimi tra contatti diretti - domande, test a risposta multipla, etc. - ed engagement social, evidenzia che sono gli equipaggi delle draghe quelli più felici. Ovvio, è il lavoro di bordo più leggero di tutti essendo legato a un servizio con un tempo di impiego di pochi giorni o settimane e vicino alla costa, quindi tendenzialmente vicino casa, imparagonabile al classico marittimo imbarcato per mesi a solcare gli oceani. Il marittimo delle draghe, magari quello che ogni giorni naviga per i canali di Amburgo, non è, insomma, come sottolinea l'associazione, un campione rappresentativo. Escludendo quindi i dragatori, i più felici di tutti, e di gran lunga rispetto agli altri, sono quelli imbarcati sulle petroliere, seguiti da quelli sulle portarinfuse e sulle portacontainer. I più infelici sono quelli a bordo dei traghetti, seguiti dai marittimi delle ro-ro, dei superyacht e dei mezzi offshore (quest'ultima può essere una delle attività più rischiose in mare).

La felicità a seconda della nave
La felicità a seconda della nave

Mission to Seafarer, che l'anno scorso ha visitato 200 porti, 70,600 navi e incontrato 353 mila marittimi, ha calcolato che sono più felici i marittimi tra i 25 e 35 anni. Forte la differenza di genere, dovuta al basso livello di parità salariale e professionale: lavorano quindi nettamente più sereni i maschi delle femmine.

A seconda del ruolo, la felicità ha gradi molto differenti. I second engineers e gli addetti alla manutenzione informatica sono i più stressati, mentre gli equipaggi più sereni sono quelli che lavorano sul ponte. I primi due sono mestieri rivoluzionati dalle nuove tecnologie e dai nuovi materiali, l'ultinmo è invece rimasto sostanzialmente invariato dagli anni Cinquanta. Lavorare in sala macchine o nella ristorazione procura lo stesso grado di infelicità. I cadetti, dopo la deck crew (i marittimi addetti al ponte), sono naturalmente quelli più entusiasti.

Cosa preoccupa i marittimi? Principalmente tre cose: il salario, la pressione psicologica durante il congedo a terra e il carico di lavoro. I marittimi sono più in ansia rispetto al passato per i tempi di pagamento dello stipendio; si sentono vulnerabili al fenomeno dell'abbandono, ovvero quando, in caso di fallimento della società armatrice, i marittimi impiegati a bordo vengono letteralmente abbandonati a se stessi, da un giorno all'altro, magari nel corso di un viaggio commerciale tra un porto e un altro.

La felicità a seconda dell'impiego
La felicità a seconda dell'impiego


Una delle cose che fanno più soffrire i marittimi è la scarsa quantità di tempo concessa a terra. «Il congedo a terra è morto», sentenzia un marittimo rimasto anonimo. Sembra che il concetto di tempo libero sia stato eroso dalle "pressioni di bordo": tutta una serie di compiti, incombenze, vere e proprie mansioni a volte, che il marittimo deve svolgere anche se si trova in congedo. Diventa sempre più difficile 'sfuggire' alla nave che diventa onnipresente. Fattori che aumentano lo stress e possono portare a burnout (esaurimenti nervosi da troppo lavoro), malattie, infortuni e disturbi mentali.

Un'altro elemento che fa soffrire i marittimi è la frustrazione di dover lavorare, in certi momenti, come personale di terra. È quello che accade sui traghetti e in generale sulle navi passeggeri. In questi casi gli equipaggi di bordo, sottolinea Mission to Seafarer, sono diventati un'estenzione dell'ufficio di rappresentanza e di cortesia. Due mansioni così differenti e storicamente separate, come quella di attraccare o quella di pulire le camere; di gestire la sala macchine o di servire ai tavoli, che spesso, quasi sempre sulle navi passeggeri, hanno in comune un servizio al personale, una specie di attività di steward od hostess.

Mission to Seafarer ha sede a Londra, nella chiesa di St Michael Paternoster Royal. È una società missionaria anglicana che offre aiuto e sostegno ai marittimi dei mercantili, in particolare. Fornisce i suoi servizi attraverso i cappellani che nomina nelle città portuali di oltre 50 paesi. Forniscono consulenza gratuita su problemi di lavoro e personali. Gestisce anche un quotidiano, The Sea.

Tag: marittimi