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14 marzo 2025, Aggiornato alle 18,16
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Grimaldi va a gonfie vele. Senza la Cina

Una politica commerciale non in aperta concorrenza con i grandi vettori. Servizi specializzati lì dove ci sono solo feeder. Gli investimenti nell'economia di scala. Da quattro anni il fatturato della compagnia napoletana non scende sotto i due miliardi di euro 


Progettando navi appositamente create per certe attività e operando direttamente su porti che altre compagnie preferiscono servire via feeder, il gruppo napoletano Grimaldi è riuscito a non risentire troppo della spietata concorrenza e oggi si gode i frutti di un'attività che, nonostante la crisi, non è mai in negativo. A partire dal 2008, anno del crack mondiale, il fatturato dell'azienda ha seguito queste tappe: 2,5 miliardi di euro nel 2008, suo anno migliore, e 2,1 miliardi nel 2009. Nel 2010 una leggera ripresa: 2,3 miliardi che hanno prodotto un utile di 150 milioni, in crescita del 40% sul 2009. Inoltre la compagnia ha annunciato, pur senza mostrare ancora le carte, che i risultati del primo semestre del 2011 sono stati "leggermente migliori" del 2010.
Il forte piano di investimenti di questi ultimi anni ha caratterizzato un portafoglio ordini corposo: quattro navi ro-ro per la sua controllata Finnlines, ciascuno con capacità di carico di 3.326 metri lineari di carico rotabile e 600 automobili, che andranno a sostituire cinque navi noleggiate. Altre quattro navi ro-ro sono state costruite da Hyundai Mipo. Tutte e otto verranno consegnate 2012 e 2013. Altri ordini verranno inseriti al più presto, come quello che verrà stipulato a breve dalla controllata Atlantic Container Line con un contratto per cinque grandi multipurpose ro-ro che andranno a sostituire cinque unità più vecchie che operano sull'Atlantico. In totale la flotta attuale della compagnia partenopea è di 100 navi tra unità di proprietà e noleggiate. 
Qual è il suo segreto? Probabilmente sta in una politica "di nicchia" volta a sviluppare mercati specifici non in diretta concorrenza con le multinazionali. Ma alla fine non si tratta di un segreto. Se si guarda alle principali rotte servite (Africa Occidentale, Nord e Sud America e Nord Europa) viene subito da chiedersi perché manchi il mercato asiatico. La risposta è ovvia e la dà Paul Kyprianou, responsabile Relazioni Esterne Grimaldi: «Non ci sono piani per estendere la rete in Asia perché non vogliamo un testa a testa con i vettori globali». Per cui la fase successiva di questa politica, piuttosto che interessare nuovi mercati, si concentrerà sull'economia di scala ordinando navi sempre più grandi. «Noi portiamo carico che gli altri non vogliono e andiamo in luoghi dove gli altri non vanno» sintetizza l'amministratore delegato Acl Andrew Abbott. 
Certo le cose non vanno sempre bene. La Turchia e la Libia per esempio sono due mercati che stentano a decollare. Mentre per la Libia però il problema più grosso è la guerra civile, per quanto riguarda la Turchia un servizio lanciato di recente è in difficoltà a causa di ritardi inspiegabili, probabilmente dovuti alla volontà di proteggere gli operatori locali. Comunque sia, conclude Kyprianou, «se succede qualcosa in un settore abbiamo ancora altri mercati su cui contare. Il che ci rende forti».
 
(fonte Lloyd's List