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29 novembre 2024, Aggiornato alle 14,56
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Grimaldi: "Lo Stato intervenga sullo shipping, non sulle singole compagnie"

Intervistato dal Lloyd's List, l'armatore torna a sottolineare l'importanza di sostenere equamente gli armatori, per il bene del libero mercato e della concorrenza


Il sostegno statale mirato agli armatori in difficoltà è controproducente per le stesse risorse pubbliche, che andrebbero redistribuite equamente. Il governo dovrebbe aiutare tutte le compagnie marittime, evitando di distorcere il mercato, considerando che in futuro l'Antitrust potrebbe intervenire e vanificare tutto ciò che è stato fatto per aiutare una singola compagnia.

In un'intervista del Lloyd's List, l'amministratore delegato del gruppo Grimaldi, Emanuele Grimaldi, ritorna su un pensiero che ha espresso più volte in passato, in nome di un'etica liberale che più volte ha sottolineato come la base della sua attività d'impresa.

Per fronteggiare le difficoltà in corso - che si traducono nello specifico per Grimaldi in scarso trasporto di passeggeri ma soprattutto di auto - il gruppo napoletano potrebbe avviare la demolizione di alcune navi più vecchie e concludere il noleggio di altre. Ha calcolato che nei prossimi mesi i ricavi potrebbero calare del 15 per cento, pari a circa 500 milioni di euro. Di contro però, alla recessione in corso c'è da controbilanciare il crollo del prezzo del carburante, una delle voci di spesa più importanti per lo shipping. Risultato: quest'anno Grimaldi potrebbe chiudere con buoni margini di profitto, tra il 5 e il 10 per cento. «Non siamo mai stati in una posizione tanto forte per resistere a questa tempesta», ha detto Emanuele Grimaldi.

Come gruppo, la società possiede diverse compagnie nel mondo: Finnlines operativa in Finlandia, Minoan Lines in Grecia, Malta Motorways of the Sea a Malta e Atlantic Container Line negli Stati Uniti. Poi ci sono Grimaldi Euromed e Grimaldi Deep Sea per il trasporto di auto e mezzi pesanti. Nessuna di queste compagnie ha chiesto e al momento né ha ottenuto contributi pubblici, ma alcune di esse operano in mercati in cui altri operatori sono in parte finanziati da risorse statali. Questa è una distorsione che in qualche modo, prima o poi, si pagherà. «Se lo stato interviene, deve intervenire in modo tale da non creare concorrenza sleale», ha concluso.