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22 novembre 2024, Aggiornato alle 15,09
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Politiche marittime

Emissioni 2024 e direttiva ETS, anche Assoporti chiede eccezioni

Allineandosi alle istanze dei sindacati, l'associazione dei porti italiani scrive alla Commissione europea chiedendo una revisione della direttiva, che dal prossimo anno rischia di avvantaggiare i porti extra europei

(TeaMeister/Flickr)

Gennaio 2024 si avvicina. Mancano pochi mesi all'ingresso dello shipping nel sistema di scambio delle quote di carbonio, l'Emission Trading System (ETS), che obbligherà i mercantili sopra le 5 mila tonnellate di stazza a ridurre drasticamente le loro emissioni. Non è una misura che piace agli armatori, ovviamente non tanto per il fine in sé quanto per un'altra serie di ragioni: per la velocità con cui viene introdotto, per l'enorme investimento in poco tempo che richiede per permettere ai motori delle navi utilizzare combustibili non fossili o per far costruire altre navi già predisposte; e infine, forse il fattore più importante, per il fatto che è un sistema di mercato europeo, non internazionale, cosa che rischia di ridurre la competitività di mercato dei porti del continente. Alla posizione degli ultimi anni delle compagnie marittime si è aggiunta nelle scorse settimane quella analoga dei sindacati. Ora si fa avanti anche Assoporti, l'associazione dei porti italiani, rimarcando grossomodo questa posizione e inviando una nota alla Commissione europea in cui chiede di applicare qualche eccezione in alcuni tipi di porti del continente, come Gioia Tauro, per esempio, perché c'è il rischio a partire dall'anno prossimo che una parte dei traffici diretti in Europa devi verso aree che non sono soggette alla stessa direttiva.

«È di tutta evidenza – afferma il presidente di Assoporti, Rodolfo Giampieri - che l'obiettivo di riduzioni delle emissioni è pienamente condivisibile da parte del nostro settore. Tuttavia, occorre garantire che tutti giochino la partita sullo stesso piano, principio cardine per l'Unione Europea. In questo contesto è impensabile che la tassa prevista per le navi dalla Direttiva ETS (destinata ad integrare il Fondo di Coesione) venga conteggiata per i paesi Ue al 100 per cento, per quelli extra Ue al 50 per cento e addirittura a zero per le navi che pur attraversando il Mediterraneo non sostano in porti dell'Ue. Così si rischia un crollo dei traffici, in particolare negli hub di transhipment, a cominciare da Gioia Tauro, ma non solo. Teniamo presente che, allo stesso tempo, il traffico portuale sta iniziando a subire gli effetti di una contrazione dei consumi dovuta all'inflazione».  

La direttiva ETS che ha incluso il trasporto marittimo nel sistema è stata approvata dal Parlamento europeo a maggio e dovrà essere recepita dagli Stati membri entro fine anno. 

La nota che Assoporti ha inviato alla Commissione europea chiede:

• di sospenderne la direttiva per il trasporto marittimo delle merci diretto verso gli hub europei di contenitori, come per esempio in Italia è Gioia Tauro;
• di rendere il costo marittimo presso gli hub europei (partenza/arrivo) pari a quelli che si registrerebbero per un trasbordo nei porti extra Ue;
• di accelerare l'analisi prevista dalla Commissione europea che riguarda una revisione delle direttiva prima che i processi di trasferimento delle linee marittime diventano potenzialmente irreversibili.

«Parlare della portualità significa parlare di economia reale, cioè di persone, di imprese, di occupazione, di investimenti, di attrezzature e così via», prosegue Giampieri, «e dobbiamo preservare il valore economico e sociale che tutto questo significa, intervenendo su quelle norme che possono danneggiare questo ecosistema con regole non uguali per tutti. Rassicura il fatto che l'argomento è all'attenzione sia del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, per essere poi oggetto di discussione nelle sedi preposte. L'auspicio è che si arrivi in brevissimo tempo a sanare le criticità, in modo che si possano rivedere alcune parti che mettono la nostra portualità in grave affanno, in una situazione di mercato già di per sé molto complicata. Il ruolo sempre più protagonista che la portualità italiana si sta ricavando nello scenario globale deve avere come base regole di mercato certe e uguali per tutti».

Come funziona l'Emission Trading System
Come spiega in una pagina dedicata il ministero dell'Ambiente, il meccanismo dell'ETS è di tipo cap&trade, ovvero fissa un tetto massimo complessivo alle emissioni consentite sul territorio europeo nei settori interessati (cap) cui corrisponde un equivalente numero "quote" (1 ton di CO2eq. = 1 quota) che possono essere acquistate/vendute su un apposito mercato (trade). Ogni operatore industriale/aereo attivo nei settori coperti dallo schema deve "compensare" su base annuale le proprie emissioni effettive (verificate da un soggetto terzo indipendente) con un corrispondente quantitativo di quote. La contabilità delle compensazioni è tenuta attraverso il Registro Unico dell'Unione mentre il controllo su scadenze e rispetto delle regole del meccanismo è affidato alle Autorità Nazionali Competenti (ANC).

Le quote possono essere allocate a titolo oneroso o gratuito. Nel primo caso vengono vendute attraverso aste pubbliche alle quali partecipano soggetti accreditati che acquistano principalmente per compensare le proprie emissioni ma possono alimentare il mercato secondario del carbonio. Nel secondo caso, le quote vengono assegnate gratuitamente agli operatori a rischio di delocalizzazione delle produzioni in Paesi caratterizzati da standard ambientali meno stringenti rispetto a quelli europei (i cosiddetti carbon leakage o fuga di carbonio). Le assegnazioni gratuite sono appannaggio dei settori manifatturieri e sono calcolate prendendo a riferimento le emissioni degli impianti più "virtuosi" (i cosiddetti benchmarks, prevalentemente basati sulle produzioni più efficienti).

Indipendentemente dal metodo di allocazione, il quantitativo complessivo di quote disponibili per gli operatori (cap) diminuisce nel tempo imponendo di fatto una riduzione delle emissioni di gas serra nei settori ETS: in particolare, al 2030, il meccanismo garantirà un calo del 43 per cento rispetto ai livelli del 2005.

L'ETS, in tutta Europa, interessa oltre 11.000 impianti industriali e circa 600 operatori aerei. In Italia sono disciplinati più di 1,200 soggetti che coprono circa il 40 per cento delle emissioni di gas serra nazionali.

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