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22 novembre 2024, Aggiornato alle 15,09
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Politiche marittime

Elettrificazione banchine, Espo: senza tariffe uniformi non si decolla

Nell'"Environmental Report 2019" dell'ESPO si sottolinea la necessità di rendere le tariffe uniformi, altrimenti il sistema non partirà mai. Quarto rapporto ambientale dell'associazione dei porti europei


a cura di Paolo Bosso

Le sfide ambientali che nei prossimi decenni lo shipping dovrà affrontare sono tre, in ordine di importanza: la qualità dell'aria, la produzione di energia e le conseguenze del cambiamento climatico. Le incertezze su come affrontarle non mancano. Per esempio c'è l'incognita del cold ironing, il rifornimento dell'energia all'ormeggio, una tecnologia che permetterebbe alle navi di non inquinare l'aria delle città. Molti porti la sperimentano ma la standardizzazione del sistema è ancora lontana. Richiede un'enorme potenza ma soprattutto tariffe uniformi tra il giorno e la notte altrimenti i costi, per l'armatore, per le autorità portuali, per i comuni, diventano ingestibili, come sottolineato recentemente dal presidente del sistema portuale della Campania, Pietro Spirito. Senza una regolamentazione delle autorità energetiche dei singoli paesi il cold ironing non andrà lontano. Intanto Fincantieri ed Enel, il costruttore di navi e il distributore di energia tra i più importanti al mondo, hanno annunciato a luglio una collaborazione proprio sul cold ironing

Di questo e altro parla l'Environmental Report 2019 dell'European Sea Ports Organization, l'associazione europea dei porti, un resoconto statistico su quanto ambientalmente sostenibili stiano diventando i porti europei, quanto siano trasparenti nel comunicare le iniziative e quanto incentivano le navi mercantili a inquinare meno.

Il rapporto, giunto alla quarta edizione (è pubblicato dal 2016), ha studiato 94 porti sulla base di 60 parametri di riferimento, quali, per dirne qualcuno, la distribuzione dell'elettricità, delle stazioni di rifornimento di gas naturale liquefatto e l'uso di specifici diritti portuali legati alle emissioni.

«Vediamo che i porti continuano a investire in infrastrutture verdi come l'elettricità a terra per le navi all'ormeggio. Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli dei maggiori costi di investimento e delle sfide tecniche che impediscono al cold ironing di diventare uno standard», spiega Isabelle Ryckbost, segretaria generale dell'ESPO. «L'aumento dei costi – continua - e la carenza di elettricità disponibile in città sono spesso degli ostacoli. Soprattutto, il differenziale di prezzo rimane elevato a causa del livello di tassazione ai sensi della Direttiva sulla tassazione dell'energia e dei prelievi nazionali applicato al prezzo dell'elettricità».

Secondo Ryckbost l'incertezza sul destino dell'idrogeno o del gas naturale liquefatto (che secondo alcuni armatori è un carburante inutile su cui investire) rende difficile prendere decisioni. Ryckbost invita tutti i porti a unirsi a EcoPort, il sito che dal 2011 monitora l'incidenza ambientale degli scali commerciali. Comunque sia, attualmente un terzo dei porti offre bunkeraggio di gas naturale liquefatto, principalmente ai camion e in piccola parte alle chiatte fluviali.

La qualità dell'aria è diventata oggi l'elemento determinante nel dibattito pubblico sull'inquinamento delle navi che i cittadini notano quando, appunto, sono ormeggiate in porto. Il cittadino medio è oggi molto più informato di qualche anno fa, e lo sarà sempre di più considerando l'attivismo di Greta Thunberg, definitivamente esploso proprio quest'anno con il suo famoso intervento all'ONU a fine settembre. L'ESPO sottolinea come oggi i porti, insieme alle comunità dei cittadini, sono molto più sensibili all'impatto che la loro attività ha sull'ambiente e la salute delle persone. Oggi otto porti su dieci prendono in considerazione i cambiamenti climatici quando costruiscono nuove infrastrutture. Sono poi sempre la gran parte (oltre l'80%) i porti che comunicano con trasparenza le proprie politiche ambientali. Il 71 per cento degli scali europei ha il bollino ISO, EMAS ed EcoPorts, certificati di standard ambientali – nel 2013 erano il 17 per cento. L'82 per cento ha istituito un programma di monitoraggio dei rifiuti. 
Poco più della metà dei porti europei prevede tariffe differenziate a seconda di quanto inquini la nave.