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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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Politiche marittime

Dragaggi al porto di Napoli, quali sono gli ostacoli

I decreti ambientali che li autorizzano sono sempre pieni di prescrizioni. La sfida risiederà nel grado di porosità del tufo che fa da cassa di colmata, come spiega il commissario Karrer


di Paolo Bosso 
 
Il 16 ottobre il ministero dell'Ambiente ha approvato (decreto n. 5376) il progetto di dragaggio al porto di Napoli che prevede il deposito dei materiali prelevati nella cassa di colmata della darsena di Levante, su cui c'è un progetto ventennale per un nuovo terminal container.
Dopo l'approvazione del Consiglio dei Lavori Pubblici arrivata ad aprile, questo del dicastero era l'ultimo passo prima del bando che, assicura il commissario dell'Autorità portuale Francesco Karrer, dovrebbe partire entro gennaio, mese entro il quale «stimiamo di riuscire a concludere le indagini necessarie, caratterizzazioni e prove sui fondali, e poter indire la gara» ha detto a settembre nell'ultima riunione del Comitato portuale. «Il programma che stiamo portando avanti – continua il commissario - è estremamente complesso anche perché si sta conferendo unitarietà a interventi separati che richiedono procedure e progettazioni differenti», Karrer si riferisce da un lato all'escavo, dall'altro al deposito in cassa di colmata.
Quest'ultimo passo sarà il più complicato perché nel decreto dell'Ambiente figurano diverse prescrizioni che, come ha sottolineato recentemente il presidente Assoagenti Andrea Mastellone, «rischiano di paralizzare l'opera».
 
Il commissario Karrer ha spiegato nel dettaglio a Informazioni Marittime le difficoltà che potranno incontrare i dragaggi al porto di Napoli. «Partiamo da una prima considerazione importante – precisa – stiamo parlando di criticità che appartengono ad ogni decreto ambientale di questo tipo, non c'è nessun accanimento nei nostri confronti».
Quante sono queste prescrizioni?
«Tante, ma tutte si possono riassumere in una sola, la più complessa».
Quale? 
«Il grado di permeabilità della cassa di colmata. Si tratta di materiale tufaceo particolarmente sensibile e irregolare. A distanza di pochi metri il grado di permeabilità cambia».

Quali sono le prescrizioni ai dragaggi
Prove di permeabilità del tufo giallo napoletano. Le prove di "svuotamento" sui perfori – si legge nel decreto – distano attualmente quattro metri ma «dovranno essere disposti a distanza di almeno 10 metri per ottenere il massimo delle informazioni».
 
Caratterizzazione integrativa dei sedimenti. Utilizzo di rivestimento interno al carotiere «al fine di garantire il prelievo del sedimento il più possibile indisturbato». Il carotaggio consentirà «di accertare le caratteristiche dei sedimenti ai fini del successivo refluimento in cassa di colmata».
 
Prescrizioni generali. Riguardano principalmente le tecniche generali di escavo, il contenimento e trasporto dei materiali pericolosi e potenzialmente pericolosi e il trattamento e contenimento delle acque. Per esempio, il ministero dell'Ambiente decreta che non bisogna miscelare in fase di dragaggio i sedimenti pericolosi con quelli potenzialmente pericolosi «onde evitare che emergano contaminanti con effetto di diluzione tale da rendere i cumuli ammissibili al refluimento in cassa di colmata»; «la demolizione del pontile della darsena Diaz non dovrà interferire con le tempistiche del progetto di dragaggio»; «i terreni di scavo per la realizzazione dei diaframmi plastici non dovranno essere smaltiti all'itnerno della cassa di colmata»; «si dovrà condurre un test pilota al fine di assicurare la fatibilità dell'opera della cassa di colmata»; infine «tutte le operazioni di dragagio dovranno avvenire con conterminazione dell'area dragati (sistemi chiusi) al fine di minimizzare la diffusione della contaminazione». 
Tutti gli interventi di dragaggio saranno monitorati e svolti sotto la vigilanza dell'ARPA Campania, con il supporto tecnico dell'ISPRA qualora la prima lo dovesse ritenere necessario.