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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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Confitarma, "Senza porti la leadership è in crisi"

«Noi le navi le abbiamo ma i porti non funzionano». Il presidente Confitarma Paolo d'Amico interviene al Forum Economico e Finanziario per il Mediterraneo. Pressing sul governo: riforma portuale in tempi brevi


«La storica leadership italiana nel Mediterraneo è messa fortemente in discussione». «Abbiamo una flotta giovane e tecnologicamente avanzata», «le nostre infrastrutture portuali però non sono in linea con l'evoluzione della flotta». Intervenendo al Forum Economico e Finanziario per il Mediterraneo, svoltosi il 12 e 13 luglio a Milano, il presidente Confitarma Paolo d'Amico (nella foto) descrive nel dettaglio lo stato di salute dell'armamento italiano. Una flotta giovane e forte, secondo il presidente della confederazione armatoriale, purtroppo poco competitiva, fortemente penalizzata dall'assenza di porti adeguati e di una politica di finanziamenti in linea con quella europea. Secondo il presidente Confitarma la prima cosa da fare è sollecitare il Parlamento affinché approvi una legge portuale adeguata.
Il mare, infrastruttura a costo zero. «Sono più di 1.600 la unità mercantili italiane. Il 96% della nostra flotta mercantile fa capo a noi armatori privati. Il 19% dell'intero traffico marittimo mondiale transita all'interno del Mediterraneo ove si trovano più di 80 porti di rilevanza internazionale. Parliamo di circa 1,4 miliardi tonnellate di merci l'anno che vengono trasportate da oltre 2.000 navi in movimento ogni giorno nel nostro mare. Il 30% del petrolio mondiale e quasi i due terzi delle risorse energetiche necessarie all'Italia e agli altri Paesi europei passano per il Mediterraneo, comprese quelle trasportate dai gasdotti sottomarini. Un bacino che abbraccia 25 Stati di tre continenti e che nel 2020 rappresenterà un mercato potenziale di 525 milioni di persone.  Sono evidenti le grandi potenzialità dell'area qualora si riuscisse a sviluppare una vera logistica integrata che abbia come fulcro il mare, un'infrastruttura naturale a costo zero». 
Il gap italiano. «Noi le navi le abbiamo, ma i porti non funzionano. Abbiamo una flotta giovane e tecnologicamente avanzata che in 10 anni ha più che raddoppiato la sua consistenza ed oggi, con quasi 16,5 milioni di tonnellate si pone ai primi posti nella graduatoria mondiale. Le nostre infrastrutture portuali però non sono in linea con l'evoluzione della flotta. Oggi la storica leadership italiana nel Mediterraneo è messa fortemente in discussione, proprio per quanto riguarda il settore marittimo-portuale. Infatti non solo unità italiane, ma navi di tutto il mondo spesso non vengono nei nostri porti. Perché? Perché non trovano scali adeguati a riceverle o, semplicemente, perché i fondali non sono abbastanza profondi. A questo si potrebbe porre rimedio. Tutti avvertiamo l'esigenza di colmare il gap infrastrutturale del sistema portuale italiano per consentirgli di cogliere le opportunità che verranno offerte dalla futura ripresa economica, ma - mentre tutti sono d'accordo sulla diagnosi – ci sono molte perplessità  circa la terapia. Da diversi anni si sta lavorando per un aggiornamento della legge sui porti, dal quale si attendono soluzioni ai problemi emersi nel periodo in cui la legge è stata in vigore». Per questo «è necessario che governo e Parlamento rispondano in tempi brevi». «Solo con questa riforma potremo riaffermare il ruolo dell'Italia nell'area mediterranea». 
Intermodalità e autostrade del mare. «Oggi le Autostrade del Mare e lo Short Sea Shipping sono una risorsa strategica per il Paese. Lo sono perché rappresentano un sistema che, quando correttamente integrato, oltre a ridurre l'impatto ambientale del trasporto delle merci, consente di raggiungere i nuovi mercati emergenti dai quali si attende un forte sviluppo dell'economia dell'area. E' stato calcolato che le autostrade del mare in Italia consentono di eliminare ogni giorno 120 km di fila in autostrada, pari alla distanza tra Bologna e Firenze. Lo Short Sea Shipping europeo oggi rappresenta il 62% del totale delle merci trasportate via mare dall'Unione. Il nostro paese ha giocato un ruolo di primo piano in questo contesto, infatti, la flotta italiana di traghetti è la seconda al mondo dopo quella giapponese e in Italia il traffico rotabile è di poco inferiore a quello contenerizzato. Senza contare che nel settore passeggeri registriamo ogni anno circa 55 milioni di presenze, tra pendolari e turisti. Ecco perché le Autostrade del Mare sono sicuramente un importante fattore di sviluppo: in Italia abbiamo assistito ad una crescita costante negli ultimi anni: oggi oltre 90 navi effettuano più di 400 partenze settimanali, e disponiamo di una fitta rete di collegamenti tra i porti italiani e tra di essi e quelli esteri».
Liberalizzare il mercato. «La Zona di libero Scambio mediterranea prevista dalla Dichiarazione di Barcellona del 1995. Tutti sappiamo che non potrà essere rispettato il termine del 2010 per il suo avvio. Ciò non toglie che la sua attuazione concreta è un obiettivo prioritario, soprattutto per l'Italia. Ma quale è la premessa indispensabile alla realizzazione della zona di libero scambio? E' l'abbattimento di ogni forma di protezionismo a cominciare dai dazi doganali che tuttora presentano un forte squilibrio. È quindi importante dare un'accelerazione al processo di liberalizzazione, ciò porterà vantaggi economici per tutti. Noi italiani non possiamo permetterci di restare alla finestra in un processo di apertura dei mercati così importante. Francia e Spagna hanno lanciato l'Unione per il Mediterraneo e potenziato i loro principali porti con massicci investimenti infrastrutturali. I paesi del Nord Africa e del Medio Oriente stanno avviando progetti di forte sviluppo marittimo portuale». «A fronte del progresso degli altri paesi, quale ruolo potranno giocare i nostri scali penalizzati da una normativa inadeguata e da povertà di finanziamenti?».