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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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Armatori

Confitarma al governo, "Lasciateci una flotta competitiva"

All'assemblea degli armatori italiani l'appello al governo a non modificare il Registro internazionale


di Paolo Bosso 

Nei giorni in cui sono stati salvati migliaia di migranti (settemila negli ultimi tre) da parte delle autorità italiane, l'assemblea Confitarma, tenutasi a Roma, è stata all'insegna della sostenibilità: dell'occupazione, dell'ambiente e della governance. «Anche se nella nostra riforma c'è molto più della governabilità», precisa il ministro dei Trasporti Graziano Delrio. «Il nuovo assetto della portualità punta alla semplificazione - continua - in primo luogo della Pubblica amministrazione attraverso principalmente la digitalizzazione. Per il settore marittimo la parte più importante riguarda le dogane che, pur lavorando già bene, vedranno ridursi i 113 provvedimenti che le strutturano». E sulle nomine dei nuovi presidenti delle Autorità di sistema portuale, Delrio conferma la fine delle consultazioni: «Ho completato le proposte di tutte le nomine. Ora sono al vaglio delle autorità, tra cui quella anticorruzione. Terminato questo passaggio toccherà al Parlamento dare il via libera». Si procede, quindi, anche se non spediti.

Il fattore Registro
Armatori delusi invece dal governo sul fronte occupazionale, chiamato recentemente in causa da Confitarma per le modifiche al Registro internazionale che "l'emendamento Cociancich" porta con sé. Il ministro dei Trasporti, a detta della platea, non ha dato risposte concrete, se non limitandosi a rassicurare: «Non c'è allarme. Approfondiremo col Parlamento le critiche. La nostra volontà è incentivare l'occupazione». 

Il fattore due per cento
Nella sua relazione, il presidente Confitarma Emanuele Grimaldi si è soffermato sull'ottimo stato di salute dell'armamento italiano, caratterizzato dal "fattore due per cento": è del due per cento il contributo dell'economia del mare al prodotto interno lordo nazionale (32 miliardi di euro) e sempre del due per cento la quota nazionale che il mare dà all'occupazione, pari a 471mila unità tra diretti e indotto. «Siamo la seconda flotta europea, la terza tra i G20 e la quarta nel mondo», spiega Grimaldi. Numeri importanti, utili a Confitarma per chiedere al governo una maggiore attenzione al settore, lasciandolo sostanzialmente liberalizzato nell'imbarco del personale. Gli armatori vorrebbero dal governo una maggior concretezza, da un lato nel campo della formazione – senza gettare nel caos il settore con una valanga di certificati - dall'altro lasciando intoccato il Registro internazionale. 

Formazione
Dal primo gennaio dell'anno prossimo, con l'entrata in vigore degli emendamenti di Manila alla Convenzione STCW, interverranno importanti novità in materia di formazione e certificazione dei lavoratori marittimi. In pratica, i certificati rilasciati ai marittimi italiani dovranno essere adeguati ai nuovi requisiti richiesti dalla Convenzione. Sono interessati 10mila ufficiali e 20mila tra sottufficiali e comuni. I sindacati hanno lanciato recentemente l'allarme sul rischio di ritrovarsi inattivo personale di lungo corso per una "banale" questione di certificati idonei. Su questo la posizione dei sindacati si sposa con quella degli armatori. «Siamo preoccupati - spiega Grimaldi - perché diversi marittimi devono superare i corsi di formazione obbligatori e, al contempo, le Capitanerie dovranno concludere nei prossimi due mesi l'adeguamento delle certificazioni sui marittimi scoperti». Il tempo stringe. «Siamo preoccupati - continua - non soltanto per le eventuali sanzioni ma soprattutto perché si rischia di essere costretti ad imbarcare marittimi non italiani. Nel frattempo, però, il Parlamento lavora da circa un anno per imporre l'imbarco di marittimi italiani/comunitari su traffici che la legge nazionale ed europea prevede aperti alla concorrenza». Il riferimento è all"emendamento Cociancich", approvato dalla Camera a luglio scorso, che prevede modifiche al Registro internazionale tali da obbligare l'imbarco di solo personale comunitario sulle rotte di cabotaggio nazionale. Un vero e proprio attacco, secondo gli armatori, alla competitività della flotta nazionale, lo stravolgimento di un'istituzione (il Registro) che dal 1998 ad oggi, al netto della crisi, ha permesso all'armamento italiano di essere oggi così vitale. Il principio a cui si appella Grimaldi è quello della «flessibilità», quella verso la libera volontà di imbarco, che se l'emendamento passasse sarebbe mantenuta soltanto con un flagging out della navi italiane verso altre bandiere di comodo, comportando una perdita, secondo i calcoli di Confitarma, di circa 1,500 marittimi italiani. «Non c'è alcun allarme - risponde Delrio -. Approfondiremo in Parlamento le critiche ricevute, senza dimenticare che la volontà del governo è quella di incentivare l'occupazione».

Incentivi
I finanziamenti all'economia del mare sono sostanzialmente due: "marebonus" (autostrade del mare) e "ferrobonus". Attualmente assenti al livello europeo, in Italia sono da sempre stati promossi, e qualche volta concretizzati. Delrio ha rassicurato la platea impegnandosi ad avviare entro l'anno nuovi incentivi per il traffico ro-ro, il cabotaggio e le ferrovie.

Ambiente
Infine, l'ultimo fronte della sostenibilità riguarda l'ambiente. Oggi a Londra l'Imo ha iniziato un vertice con lo scopo di allineare lo shipping agli Accordi di Parigi (COP21). L'8 settembre 2017 arriverà la Ballast Water Convention dell'International Maritime Organization, che l'Italia non ha ancora firmato. Una situazione precaria a fronte però di un contributo misero dell'armamento mondiale nelle emissioni: il 2,2 per cento del totale, da parte di un'industria che pur avendo aumentato il commercio via mare negli ultimi anni ha visto ridurre dal 2005 del dieci per cento le emissioni e del venti per cento l'efficienza (oggi una nave consuma in media un grammo di combustibile per tonnellata/chilometro).

Un'economia del mare come sempre florida ma non sostenuta a sufficienza dalla politica, secondo gli imprenditori del settore. «Quale industria vogliamo mantenere vitale? Certamente quella marittima, perché è un settore ad alto investimento e con una forte capacità occupazionale», commenta il presidente Confindustria Vincenzo Boccia.

«Il nostro - conclude Grimaldi - è un settore capital intensive, che richiede grossi capitali. Per questo abbiamo bisogno di regole certe e nel segno della continuità. Le proposte di modifica al Registro sono una crepa a un felice patto istituzioni-armamento avviato nel 1998».