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06 settembre 2024, Aggiornato alle 15,50
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Politiche marittime

Colli di bottiglia e centralità mediterranea: metà dello shipping viaggia in aree a rischio

L'interscambio commerciale vale 14 mila miliardi di dollari e si sta modificando profondamente. I dati del centro Giuseppe Bono presentati all'assemblea di Assagenti di Genova

Un'unità USS Navy nel canale di Suez (Official U.S. Navy Page/Flickr)

Oggi quasi la metà delle aree di interscambio commerciale marittimo globale sono a rischio, ovvero sono all'interno di delicate dinamiche geopolitiche, dalle più "semplici" tensioni commerciali e militari tra i Paesi fino alle guerre. Gli ultimi dati del centro Giuseppe Bono - presentato nel corso dell'assemblea Assagenti di martedì scorso a Genova dall'ammiraglio Sergio Biraghi, già capo di Stato Maggiore della Marina - mostrano dei "mari inquieti", come titola il convegno dedicato. 

Il commercio marittimo mondiale vale attualmente circa 14 mila miliardi di dollari, riflettendo l'80 per cento dell'interscambio commerciale globale. Un interscambio che negli ultimi quattro anni – caratterizzati dallo scoppio della pandemia, passando per l'invasione della Russia dell'Ucraina, la guerra tra Israele e Hamas, le tensioni conseguenti in Medioriente, fino agli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso, il gruppo militare sciita dello Yemen, nonché i dazi commerciali tra Cina e Stati Uniti iniziati prima della pandemia - vede sempre più colli di bottiglia (choke point). Il principale è nell'area di accesso al Mediterraneo, il Canale di Suez, ma in realtà c'è anche il Canale di Panama alle prese con la siccità estiva, l'abbassamento del livello dell'acqua e il conseguente calo della frequenza di ingressi e uscite di navi mercantili dirette negli Stati Uniti o verso l'Asia. Solo la guerra in Ucraina, per esempio, riduce l'approvvigionamento di cereali. Tutti questi fattori di destabilizzazione commerciale, secondo lo studio del centro Giuseppe Bono, rappresentano rischi che incombono sul traffico mondiale via mare e «hanno una potenzialità devastante per l'assetto geopolitico del pianeta e per la capacità di innescare reazioni a catena nel campo dell'approvvigionamento di cereali, soia, riso e prodotti agroalimentari per popolazioni che non possono farne a meno, nonché nella fornitura di energia».

Ci sono profondi cambiamenti in atto. Non soltanto negativi però. Per esempio la tensione militare nello Stretto di Hormuz, a sud del Mar Rosso (bocca di accesso al Canale di Suez), apre nuove rotte alternative (il doppiaggio dell'Africa sul Capo di Buona Speranza) e potenzia quelle esistenti, come il Mediterraneo che negli ultimi mesi ha recuperato centralità insieme all'Italia, che ha visto aumentare la frequenza di alcune rotte. L'ultima è stata Cma Cgm. Questa nuova opportunità commerciale per l'area mediterranea è stata sottolineata da diversi interventi durante il convegno, come dal viceministro ai Trasporti, Edoardo Rixi, da quello della Protezione civile, Nello Musumeci, e dai presidenti di Confitarma e Assarmatori, Mario Zanetti e Stefano Messina. Come ha sottolineato il presidente di Assagenti, Paolo Pessina, «con il canale di Suez di fatto aperto solo al traffico delle navi che raggiungono Gedda e i porti della costa occidentale della penisola anche solo un'altra crisi in stretti strategici come quello di Hormuz attraverso il quale transita il 20 per cento del petrolio del mondo, oppure dello stretto di Malacca, vitale per i traffici da e per la Cina e per il subcontinente asiatico, l'economia mondiale rischierebbe di collassare con un salto nel vuoto per interi Paesi se non per interi continenti».

L'assemblea Assagenti di Genova si è aperta con i saluti istituzionali del sindaco della città, Marco Bucci, del presidente della Camera di commercio di Genova, Luigi Attanasio, dell'assessore allo Sviluppo economico della Regione, Alessio Piana, e dal presidente di Federagenti, Alessandro Santi.

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