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14 marzo 2025, Aggiornato alle 18,16
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Infrastrutture

Civitavecchia, segnali di fumo. Ma è inquinamento

Il porto laziale è sotto accusa per i troppi fumi di traghetti e navi da crociera. L'inquinamento portuale in Italia solleva numerose questioni: porti storicamente troppo vicini alla città, scarso controllo ambientale. Ma le leggi ci sono. E la questione si allarga allo sviluppo degli scali di Paolo Bosso  


Porti troppo vicini alla città o poca attenzione al controllo delle emissioni? La domanda sorge spontanea di fronte alle crescenti segnalazioni dei cittadini di Civitavecchia che nel mese di agosto hanno portato alla cifra record di ventidue denunce e due diffide contro altrettante compagnie di navigazione, rei di emettere troppi fumi dalle ciminiere delle navi, principalmente traghetti e unità da crociera. 
La questione dell'inquinamento portuale tocca da vicino tutti gli scali italiani e non è un caso se quello di Civitavecchia è attualmente sotto accusa. Nel 2011, secondo gli ultimi dati Cemar, il porto laziale supererà – seppur di poco - Barcellona nel movimento passeggeri raggiungendo i 2,4 milioni. Siamo di fronte ad un porto crocieristico tra i più forti d'Europa e con il traffico traghetti più alto d'Italia. La risposta alla domanda iniziale, quindi, deve includere entrambe le opzioni: si tratta di uno scalo trafficatissimo, a ridosso della città ma purtroppo con una politica di controllo delle emissioni poco efficace. Nella zona delle banchine, infatti, non è presente alcuna centralina di rilevamento, se non quella della centrale Enel di Torre Valdaliga Nord che si trova però in un'area troppo distante dalle attività portuali, nonché opposta a quella interessata dai venti principali che portano i fumi delle navi.
Per risolvere il problema non ci sarebbe bisogno di alcuna legge o intervento del governo ma solo di controlli. Il decreto c'è. E' il 205/2007 che attua la direttiva 2005/33/CE ed impone dal primo gennaio 2010 per le navi ormeggiate nei porti l'impiego di combustibile con una percentuale di zolfo massimo dello 0,1% (btz). La Guardia Costiera ha il compito di far rispettare gli obblighi di legge ma è occupata a compiere operazioni ben più importanti: quelle di salvaguardia della sicurezza in mare. Basterebbero tecnologie, strumenti di rilevamento moderni e in postazioni adeguate per permettere alla Capitaneria di monitorare le emissioni senza difficoltà. 
Pressata dalle numerose segnalazioni, la Guardia Costiera e la procura diretta da Gianfranco Amendola hanno così avviato una stretta sull'inquinamento con ben ventidue denunce e due diffide. Il 6 settembre il sindaco della città Giovanni Moscherini ha indetto una riunione presso il palazzo del Comune in cui saranno convocati: Autorità Portuale, Guardia Costiera, Confitarma, Arpa Lazio, l'Asl di Roma e le compagnie di navigazione. Il 18 settembre invece è prevista una manifestazione di protesta da parte dei cittadini. 
La nostra penisola è costeggiata da tanti porti. Piccoli, grandi o collegati alle principali rotte internazionali. Tutti antichi e, in alcuni casi, fondati prima ancora che arrivassero le abitazioni. Motivi storici, endemici. Il problema dell'inquinamento portuale va oltre le emissioni e si allarga alla grande questione commerciale: lo sviluppo. Come ammodernare uno scalo a ridosso della città? Come creare nuove zone di stoccaggio se si rischia di realizzare un terminal container a ridosso del municipio? Insomma il problema delle emissioni delle navi in approdo e partenza apre un ampio ventaglio di temi che vanno aldilà di quello, seppur immediato e urgente, dell'inquinamento.
Paolo Bosso