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18 aprile 2025, Aggiornato alle 18,44
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Barcellona, tagli contro la crisi. E l'Italia?

Lo shipping italiano sottolinea come un mantra la scarsa considerazione della politica su un settore più determinante dell'auto. Intanto l'Authority di Barcellona fissa per legge tagli e incentivi esemplari

I porti italiani hanno urgentemente bisogno di tagli alle tasse e di manovre economiche che possano renderli più competitivi. Il presidente Assoporti Francesco Nerli e tanti altri esponenti dello shipping ripetono ormai da anni il mantra della scarsa attenzione di cui gode la portualità italiana, la politica che continua a sottovalutare le potenzialità del settore, il suo contributo al Pil che supera ampiamente quello dell'auto e dell'agricoltura, etc.
Le misure da attuare sono tante e sono state ampiamente approfondite: i tagli alla tassa di ancoraggio, l'utilizzo di una parte del gettito Iva degli scali per ammodernare le strutture, la diminuzione delle Authority. 
Basta mettere il naso fuori dall'Italia per rendersi conto di come le misure sopracitate divengano legge. Per esempio l'Autorità Portuale di Barcellona ha recentemente incontrato gli utenti del porto per presentare il nuovo schema di tasse portuali derivante dall'entrata in vigore della legge 33/2010 di riforma dell'ordinamento dei porti. Un cospicuo programma di sconti che sarà applicato dalla Port Authority catalana.
La nuova legge introduce moltissimi tagli: del 3% sui canoni demaniali, del 17% sulla tassa portuale sulle merci sbarcate e imbarcate, una riduzione dell'8% della tassa di ancoraggio e un calo del 19% della tassa erariale sulle merci. L'unica imposta a registrare un aumento, in parte per riequilibrare i conti, è la tassa per l'imbarco e lo sbarco di passeggeri che subirà un incremento del 10% circa.
La legge 33/2010, varata il 27 agosto, si estende a tutte i porti spagnoli, anche se ogni porto potrà realizzare una propria politica amministrativa autonoma. 
Paolo Bosso