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Politiche marittime

Autoproduzione pilotaggio, Consiglio di Stato respinge ricorso Cartour

L'organo costituzionale fa il punto su una questione delicata. La legge non contempla che l'armatore faccia da sé: il servizio tecnico-nautico tende ad essere obbligatorio e corporativo per il bene dei porti

(Cityswift - Ireland/Flickr)

di Paolo Bosso

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Cartour contro la mancata autorizzazione all'autoproduzione di pilotaggio chiesta nel porto di Salerno qualche anno fa. È una sentenza importante perché mette in luce lo stato normativo italiano in materia che, semplicemente, non contempla l'autoproduzione. Il che a sua volta non stride con le regole europee, che non obbligano a istituirla, seppur la incoraggiano per rendere più efficiente il porto, soprattutto nei servizi di cabotaggio.

Leggi la sentenza

I fatti risalgono a gennaio 2014 quanto Cartour, del gruppo Caronte & Tourist, operante nel trasporto merci e passeggeri tra Messina e Salerno, chiedeva alla Capitaneria di porto di Salerno di essere autorizzata ad autoprodurre il servizio di pilotaggio, in virtù dei decenni passati a scalare questo porto. Negativa la risposta della Capitaneria, tramite il responso del ministero delle Infrastrutture, che rilevava l'estraneità dell'ordinamento italiano all'autoproduzione.

Il pilotaggio, stabilisce l'articolo 87 del Codice della navigazione, può essere reso obbligatorio nei porti, e dove c'è necessità viene istituito una corporazione dei piloti. Normativamente, spiega il Consiglio di Stato, l'obbligatorietà del servizio è preventiva al fine di garantire l'interesse generale, la sicurezza della navigazione e dell'approdo. In altre parole, il pilotaggio è fondamentale e renderlo obbligatorio tramite corporazioni è per rendere più sicura la navigazione. 

L'autoproduzione non è vietata ma non è prevista dalla legge. Non esiste. Per corroborare la sua tesi Cartour cita uno studio sui porti italiani del 2014 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato insieme alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dove si sottolineava come «le norme vigenti in materia portuale non negano esplicitamente la possibilità per un'impresa di svolgere per proprio conto i servizi tecnico-nautici», e che in Italia gli assetti monopolistici dei piloti «non sono frutto di previsioni normative, bensì di valutazioni di opportunità dell'Autorità Marittima». Ma anche qui, spiega il Consiglio di Stato, non ci sono ragioni a favore dell'autoproduzione perché non ci sono richiami al diritto positivo: la legge non permette l'autoproduzione e obbliga al pilotaggio.

Cade anche l'appello al Regolamento comunitario 352/2017. dove si incoraggia all'esenzione dal pilotaggio lì dov'è superfluo, «in modo da migliorare l'efficienza nei porti e, in particolare, stimolare il trasporto marittimo a corto raggio». Il punto, anche qui, è sempre lo stesso: in questo caso, pur incoraggiando gli Stati membri a introdurre l'autoproduzione, niente obbliga gli Stati a introdurlo. Certo, nella maggior parte dei paesi europei è possibile utilizzare il Pilot Exemption Certificate ma nessun regolamento europeo obbliga gli Stati membri ad adottarlo.

In conclusione, il Consiglio di Stato rileva che il ricorso di Cartour non espone l'ordinamento italiano a un difetto di norma sull'autoproduzione, né l'obbligatorierà del servizio costituisce un problema giuridico, così come il monopolio di una corporazione. Né le norme europee possono venire in aiuto di Cartour, perché seppur incoraggiando l'autoproduzione di fatto non la impongono.

Con questa sentenza del Consiglio di Stato il piano di discussione futuro sull'obbligo o meno del pilotaggio potrebbe essere il seguente. Da una parte la sicurezza (della navigazione portuale) legittima due cose che in altri contesti possono essere illeciti: l'obbligo di usufruire di un servizio economico e il monopolio corporativo. Dall'altro lato un obbligo pervasivo tramite un servizio corporativo incide sull'efficienza del traffico, per esempio applicando il pilotaggio lì dove non è necessario rendendo più ridondanti i movimenti e rallentando la produttività. L'autoproduzione sta nel mezzo, perché può tanto aumentare l'efficienza quanto ridurre la sicurezza. E tanto l'armatore quanto il pilota cristalizzeranno i due concetti, sicurezza ed efficienza, per i propri interessi corporativi. Un discorso simile si può applicare all'autoproduzione portuale, ovvero la possibilità che l'armatore impieghi la sua forza lavoro, e non i portuali del porto di scalo, per scaricare o caricare la merce.

«La Corte di giustizia – conclude il Consiglio di Stato - ha già a suo tempo affermato che i servizi portuali di interesse generale, nella specie il servizio di ormeggio, giustificano restrizioni ai principi della concorrenza, non opponendosi il combinato disposto degli artt. 5, 85, 86 e 90, n. 1, del Trattato a una normativa di uno Stato membro che conferisce ad imprese stabilite in questo Stato il diritto esclusivo di assicurare il servizio». Il caso è del 18 giugno 1998 e ha visto Corsica Ferries contro il Gruppo antichi ormeggiatori del porto di Genova.

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Tag: piloti