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21 novembre 2024, Aggiornato alle 16,10
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Assarmatori e la crisi, Giovannini: "Il sistema deve essere resiliente"

Dall'assemblea degli armatori guidati da Stefano Messina emerge la necessità di regole chiare sull'ambiente e di un mercato che contempli gli shock come strutturali

Stefano Messina, presidente di Assarmatori

a cura di Paolo Bosso

È l'inflazione, attualmente, il maggior freno dell'economia. Determina l'aumento dei costi e della povertà, quindi del potere d'acquisto di chi compra le merci che si trasportano in giro per il mondo. «Secondo gli ultimi dati di Confcommercio, il 43 per cento dei consumi sta andando sulle spese obbligate. Il rincaro del gas e dei carburanti è alla base di tutto», spiega il presidente di Assarmatori, Stefano Messina, che oggi ha aperto l'assemblea dell'associazione, tenutasi a Roma.

In questo contesto, il rischio maggiore è la messa in discussione di un modello economico, la globalizzazione, sempre più spezzettata e regionalizzata. Lo shipping e la finanza, la prima con i servizi marittimi internazionali e la seconda con il mercato mondiale, sono due dei comparti più interessati da questa trasformazione. La produzione industriale italiana a maggio, secondo Confcommercio, ha segnato un meno 1,1 per cento, anche se il semestre è andato meglio. L'ultimo trimestre, infatti, segna un più 2 per cento. Con una controparte, però, come sintetizza Messina: «cresce il trasporto ma non le merci». In altre parole, la logistica si sviluppa in un contesto di crisi dei consumi. Ragion per cui, quello che emerge dai lavori dell'assemblea è un sistema economico, commerciale, istituzionale (cioè di controllo del mercato) che contempli le crisi come strutturali e, di conseguenza, le risorse per affrontarle.

Ambiente
C'è un altro ambito in profonda trasformazione, l'energia sostenibile. Per lo shipping significa carburanti alternativi per spingere le navi, da un lato, e le infrastrutture di distribuzione a terra, nei porti, dall'altro, per rifornire le navi. Senza dimenticare il cold ironing, l'elettrificazione delle banchine a cui far attaccare le navi in porto facendogli spegnere i motori, ma che è ancora una tecnologia acerba. «Bisogna capire a quali prezzi venga fornita l'energia. Con ARERA [l'autorità di regolazione dell'energia] entro l'anno dovremmo arrivare a uno schema di regole», ha affermato il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini. In sintesi, il problema da risolvere sono le tariffe, la bolletta da pagare, troppo alta ed estremamente meno conveniente del tradizionale carburante per alimentare i motori ausiliari delle navi senza un sistema di incentivi e contributi statali per abbattere i costi. «La FuelEU Maritime initiative impone lo spegnimento dei motori in porto – afferma Messina - ma un'eventuale sanzione non può pagarla l'armatore, che sta facendo gli investimenti. Lo stesso discorso si applica al trasporto dei carburanti alternativi. Se ci vogliono le infrastrutture per il cold ironing, altrettanto ci vuole una rete adeguata di depositi. Come Assarmatori, stiamo lavorando col ministero delle Infrastrutture e Cassa depositi e prestiti per creare una solida rete di fornitura elettrica. La preoccupazione è che alcune amministrazioni portuali restino indietro», cioè che non tutti i porti principali italiani siano tempestivamente predisposti al cold ironing. «Purtroppo - continua Messina - abbiamo assistito a scelte europee repentine e ravvicinate. Il combinato delle regole IMO e del Fit fot 55 avrebbero una serie di conseguenze: maggiori costi nei collegamenti con le isole; riduzione dei servizi per via dello slow streaming e la perdita di competitività dei porti sulle infrastrutture. Sia il Parlamento che il Consiglio Ue hanno recepito le nostre istanze. Ora, però, abbiamo bisogno di chiarezza. Non possiamo pensare, per esempio, che tutte le navi viaggino con l'elettrico. Non vogliamo apparire contrari a prescindere ma neanche essere travolti dalle scelte».

È difficile, se non impossibile, capire oggi quale sarà il carburante di domani. «La richiesta degli armatori è chiara – afferma il ministro Giovannini - o LNG, oppure idrogeno o ammoniaca. La nostra risposta è che oggi non possiamo assicurare tutti questi combustibili in tutti i porti, per scoprire che poi tra qualche anno che il mercato è andato in una sola direzione». È una scelta tecnologica, lungi dall'essere chiarita. «Non possiamo sventrare i porti con nuove infrastrutture in un contesto in cui qualsiasi tecnologia sia ammissibile. Dobbiamo posporre queste scelte in attesa che il ventaglio si restringa». Appurato questo, quindi, quale sarebbe la scelta da fare ora? «L'implicazione – risponde Giovannini - è che dobbiamo investire nel refitting per rendere sostenibili le navi. L'Italia, nel PNRR, ha la quota di investimenti maggiore in Europa. Il fondo sulla mobilità sostenibile, due miliardi per i prossimi anni, che ho voluto inserire nel bilancio pluriennale dovrà essere rafforzato in vista del refitting delle navi italiane».

La buona notizia è il ritorno dei rigassificatori galleggianti, scelta obbligata con la profonda trasformazione in atto della distribuzione del gas, che oggi sembra essere destinata a escludere la Russia, fornitore storico dell'Europa. Secondo la maggioranza degli armatori, puntare sui rigassificatori galleggianti è una scelta intelligente, perché rientra nel concetto geografico dell'Italia come hub logistico per il Mediterraneo e l'Africa.

In conclusione, l'analisi dall'assemblea Assarmatori porta alla resilienza del sistema del commercio e delle istituzioni che lo regolamenta, cioè la necessità di disegnare un mercato che reagisca alle crisi, contemplandole ormai come strutturali. «In Europa è un fattore che non abbiamo affrontato con le giuste proporzioni», conclude Giovannini. «Per esempio, la resilienza delle reti ferroviare Ten-T allo shock della guerra. Il sistema non è stato disegnato per questa eventualità. Già nel 2020, con l'arrivo della pandemia, la Commissione europea si è posta il problema di essere un istituto che fronteggi le crisi».